Allende 1970-2021. Diario confuso e bastardo. 18 settembre 2021
Lo sporco affare dell’indipendenza
Iniziando questo diario, mi ero riproposto di finirlo oggi e di cogliere l’occasione datami dall’ultima puntata per approfondimenti sull’indipendenza dalla Spagna (1810) che i cileni celebrano oggi.
L’indipendenza del Cile e della maggior parte dell’America Latina nel breve spazio compreso nel primo quarto del XIX secolo non è una questione di scarsa importanza.
Il Brasile si è reso formalmente indipendente negli stessi anni (12 ottobre 1822), giorno in cui il principe Dom Pedro I fu acclamato Imperatore.
Diventerà repubblica molto più tardi in seguito ad un colpo di Stato (15 novembre 1989) avvenuto – tra altre cause – perché l’abolizione della schiavitù (13 maggio 1888) aveva scontentato schiavisti e latifondisti, l’attuale “frazione ruralista” del parlamento brasiliano.
La storia cammina sulle spalle degli uomini.
Il progetto della maggior parte dei capi indipendentisti non contemplava nulla di particolarmente diverso di quanto effettivamente avvenuto salvo le dimensioni e caratteristiche dello Stato da creare.
L’idea dominante tra i capi della prima indipendenza, una monarchia costituzionale o una Dittatura repubblicana che avrebbero governato su ciò che oggi chiamiamo la Patria grande, avrebbe più che probabilmente modificato le carte in tavola, ma non il ruolo dei protagonisti.
A pagare il prezzo della modernità incipientemente capitalistica sarebbero state comunque le classi subalterne, gli indigeni e le donne.
Ci sono certamente eccezioni notevoli, l’Artígas della terra va data ai più bisognosi e il Miguel Hidalgo della prima proclama di Dolores (15 settembre 1810).
Scopo del “Regolamento Provvisorio delle terre” dettato da Artígas nel 1815, è la distribuzione della terra per favorire le persone senza protezione: “I neri liberi, i meticci di questa classe, gli indigeni ed i creoli poveri” (art. 2) e “Tutte le vedove povere che abbiano avuto figli. Saranno anche preferiti gli sposati agli americani scapoli e questi ultimi a qualsiasi straniero”(art. 3).
Afferma Hidalgo: “La libertà politica della quale vi parliamo consiste nel fatto che ogni individuo sia il solo proprietario del lavoro delle sue mani e con questo debba ottenere quanto ne abbia bisogno per sopperire alle necessità materiali della sua casa e della sua famiglia”.
Non c’’è bisogno di ricordarlo: tutti e due fecero una brutta fine.
Per modificare questo universo ideologico ci sarebbero voluti ancora molti anni e, senza peccare di pessimismo, penso che ce ne vogliano ancora tanti.
Nell’America Latina bisogna partire dalla composita realtà del meticciato che ne è stato il risultato principale.
Meticciato non significa mescolanza di razze, tiritera fissa di popoli e protagonisti culturalmente arretrati.
La parola a Ángel Parra: “Ai tempi degli apostoli, lanciavano giù ai leoni, tutti quelli che ascoltavano, le loro prediche e sermoni. C’era molta povertà, un sacco di epidemie, generali leccaculo e senatori ricchi. Esistevano i miracoli, la gente si conformava, inchinavano la schiena, lavoravano, lavoravano. In un altro settore, le bestie privilegiate si sfangavano col latte, ingrassavano, ingrassavano” (En tiempos de los apóstoles”, Ai tempi degli apostoli, 1970).
In chiusura mi permetto di segnalare i titoli delle questioni che mi sembrano le più importanti, quindi delle quali dovremmo occuparci a breve scadenza.
Naturalmente, resta fermo che, anche per colpa di Allende, ho deciso molti anni fa che bisogna reinventare il mondo “con i poveri della terra coi quali voglio lanciare la mia sorte” (José Marti, “Versos sencillos” Versi semplici, 1891).
1) Brasile: l’America Latina va dove va il Brasile da molti anni. E nel Brasile, esiste il rischio di un colpo di Stato organizzato da Bolsonaro prima delle elezioni presidenziali dell’ottobre 2022.
2) Uruguay: l’8 luglio 2021, un terzo degli uruguaiani firma per un referendum sulla legge 19.889, nota come LUC (Legge di Urgente Considerazione), nave ammiraglia della destra che ha scelto Luis Lacalle Pou, il Piñera della Banda orientale. Per rendere impossibile ogni referendum, sono richieste 675mila firme (25% dell’elettorato). Firmarono 797.261. In un Paese di poco più di 3 milioni di abitanti, è una forza formidabile. La LUC è una legge zombie.
Il 15 settembre 2021 l’opposizione ha riempito le strade di Montevideo. “E’ uno sciopero politico”, ha urlato Lacalle. “Tutti gli scioperi generali sono politici”, è stata la risposta dei leader sindacali.
Nel marzo o aprile 2022, il referendum avrà le caratteristiche di una elezione di medio termine, un plebiscito sulla gestione globale del governo. Dopo seminare venti e zizzania, Lacalle potrebbe raccogliere una dura e inattesa lezione da un Paese colpito da lunga data per il morbo della democrazia.
3) Perù: la maratona a ostacoli è appena iniziata, l’esito è controverso, le prime mosse decisive potrebbero concretizzarsi velocemente.
Le priorità di Pedro Castillo sono due: massificare la vaccinazione e riattivare l’economia.
Il 60/70% dei peruviani ha un lavoro informale ed è proprio il settore informale quello che ha patito maggiormente la pandemia. Le buone notizie sono che il Perù ha un basso tasso d’indebitamento e le materie prime da esportazione hanno alti prezzi perché l’ Asia, dov’è finito il 52% delle esportazioni peruviane nel primo semestre del 2021 (Cina 35%, USA 12%), continuerà ad acquistarne massicciamente.
La cattiva è che sono aumentati i prezzi di tutte le materie prime, tra cui quelli degli alimenti importati dal Perù:frumento, soia, mais duro per il mangime animale principalmente.
Due impegni presi durante la campagna elettorale saranno chiavi: aumentare le tasse pagate dalle multinazionali, in particolare quelle del rame, oro, argento e ferro (MMG, Chinalco, Barrick, Anglo American) e riformare la Costituzione ereditata dal fujimorismo.
Nessuna delle due potrà realizzarsi facilmente.
4) Messico: del governo messicano si potrebbero dire molte cose ma m’interessa parlare di un tema che si rapporta alla storia e ai suoi simboli.
La visione dominante riguardo la storia della cosiddetta scoperta di America glorifica la figura di Colombo, personaggio complesso che semplifica mettendo in primo piano il suo europeismo, coraggio ed eroismo. Mistificandolo, si disegnano l’invasione e la colonizzazione coi prismi europei.
Cosa nasconde la glorificazione di questa figura europea e maschile?
Nel 1493, Colombo ritornò con 17 navi e si autonominò governatore dell’isola La Spagnola (oggi Haiti e Repubblica Dominicana). Nel 1496 la popolazione locale era passata da 8 a 3 milioni di abitanti. Nel 1514 la popolazione indigena era di 22mila persone. Nel 1542 di 200.
Quindi, trasformando Colombo in un mito eroico si silenziano lo sterminio e la schiavitù dei popoli originari. La barbarie el’origine del profondo razzismo ancora dominante.
Monumenti, statue, nomi delle strade, sono eredità che lasciamo alle future generazioni, simboli storici del nostro passato.
La memoria storica non può né deve essere solo una visione mitica. Il silenzio storico è una forma di violenza che sottomette, annienta e determina un presente, un ancora della complicità che rende difficile cambiare.
Il governo messicano, non gli strampalati superstiziosi identificati dal pensiero in lattina, ha deciso di rimuovere la statua di Colombo e di rimpiazzarla con quella di una donna indigena. E’ una mossa contro il silenzio storico, una rivendicazione delle figure storiche più dimenticate e violentate, un’eredità che riscatta e colloca al centro della storia le silenziate.
Dando voce al silenzio storico la storia diventa strada e possibilità futura. Ma non solo: ridare un ruolo da protagonista alle donne indigene implica rivendicarlo per l’oggi.
Ciò nulla toglie al fatto che Colombo portò un cambiamento della storia del mondo, ma significa mettere in discussione la bontà di quel cambiamento. Ricambiarne la statua per quella di una donna indigena implica iniziare a ridefinire lo sguardo storico, iniziare a raccontare la storia partendo da un altro luogo. Si tratta di un cambiamento di coscienza e di una responsabilità etica verso le ingiustizie del presente, precondizione per combattere efficacemente il razzismo ed il classismo oggi imperanti.
5) Sul Cile vorrei dire solo che sebbene le elezioni presidenziali di novembre siano il più grande spettacolo dopo il Big Ben, sono anche uno scippo programmato da parte di una classe politica che, cacciata a pedate dalla rivolta iniziata in ottobre 2019, è risalita sul carro e pretende, malgrado le sia stata ritirata la patente, continuare a guidarlo.
Non intendo dire che siano tutti uguali ma non era proprio questo lo scopo della rivolta.
6) Miscellanee determinanti: diciamo nell’ordine Taipei, Crimea, Spartaco.
Cosa diresti se gli USA decidessero d’imbarcarsi in una guerra per Taipei e la Crimea, ovvero contro la Cina e la Russia?
Oggi, dopo l’Afghanistan, dalle parti dove abito va di moda discutere sulla necessità di una difesa europea. Penso che sarebbe assai più produttivo discutere sulla necessità del disarmo.
E perché Spartaco?
Beh, perché non vorrei che allettati dal nostro panorama di lotte possibili o dalle nostre paturnie, dovessimo scoprire amaramente che i palazzi d’inverno non sono stati abbattuti da Spartaco ma dalla natura.
Se vi leggete l’ultimo rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) sul riscaldamento climatico, il dubbio diventa pesante.
E, salvo per i milionari (in Euro), i biglietti per i prossimi viaggi spaziali sono esauriti.