L’assoluzione di Ernesto Cardenal

L’assoluzione di Ernesto Cardenal

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“Detrás del monasterio, junto al camino,
existe un cementerio de cosas gastadas,
en donde yacen el hierro sarroso, pedazos
de loza, tubos quebrados, alambres retorcidos,
cajetillas de cigarrillos vacías, aserrín
y cinc, plástico envejecido, llantas rotas,
esperando como nosotros la resurrección.”
Ernesto Cardenal, Detrás del monasterio, junto al camino[1]

Con una decisione di Papa francesco, Ernesto Cardenal, sacerdote e poeta nicaraguense di 94 anni, è stato “assolto da tutte le censure canoniche” imposte 35 anni fa da Giovanni Paolo II, che l’aveva sospeso “del ministero per la sua militanza politica” nel Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN).

Il nunzio apostolico in Nicaragua, Stanislaw Waldemar Sommertag, ha comunicato che il Papa ha preso la decisione in considerazione del fatto che “il religioso ha accettato la punizione canonica che gli è stata imposta e l’ha sempre rispettata, senza svolgere alcuna attività pastorale. Inoltre, ha lasciato ogni impegno politico da diversi anni”.

Internato nell’Ospedale Vivian Pellas di Managua per una infezione renale, per la quinta volta negli ultimi 14 mesi, appena nota la comunicazione, Cardenal ha celebrato immediatamente messa dal suo letto di ospedale.

Nel 1984 Giovanni Paolo II aveva punito anche suo fratello Fernando, sacerdote gesuita, e il prete Miguel D’Escoto. Tutti e tre erano militanti del FSLN e ministri del governo presieduto da Daniel Ortega. Fernando e Miguel sono stati formalmente perdonati da Francesco nell’agosto 2014. Sono morti, rispettivamente, nel febbraio 2016 e nel giugno 2017.

Nel 1983 il Papa polacco anticipava la sanzione fin dal suo arrivo all’aeroporto di Managua: mentre Ernesto Cardenal lo salutava inginocchiato, Wojtyla l’aveva puntato con l’indice facendo la faccia truce. L’immagine fece il giro del mondo.

Le punizioni contro i tre sacerdoti facevano parte di un’offensiva contro la “teologia della liberazione” propiziata dai settori più reazionari della Chiesa Cattolica e appoggiata da Giovanni Paolo II, recentemente dichiarato santo, sempre da Francesco. I frutti di tale battaglia sono oggi evidenti, e non solo in Nicaragua.

Alla fine del 2018, Ernesto Cardenal ha pubblicato “Hijos de las estrellas” (Figli delle stelle), e preannunciato un altro suo libro di poesie a breve. Tra le opere del monaco trappista, “Ansie e lingua della nuova poesia nicaraguense” (1948), “Ora 0” (1956), “Epigrammi” (1961), “Preghiera per Marilyn Monroe ed altre poesie” (1967) “Salmi” (1968) e “Il Vangelo a Solentiname” (1975).

In una bella intervista concessa nel 2016 al quotidiano on line “Vita”, Cardenal parla con chiarezza della visita di Wojtyla e degli scopi politici dell’allora Papa[2]:

“Dopo i saluti di protocollo, compresi quelli della guardia d’onore e della bandiera, il papa chiese al presidente Daniel Ortega di poter salutare anche i ministri. Naturalmente gli fu detto di sì; così il papa si diresse verso di noi. Affiancato da Daniel e dal cardinal Casaroli, cominciò a dare la mano ai ministri e, quando si avvicinò a me, io feci quello che, anche su consiglio del Nunzio, avevo previsto di fare se si fosse verificato questo caso: togliermi il basco e inginocchiarmi per baciargli l’anello. Ma egli non permise che glielo baciassi e, brandendo il dito come fosse un bastone, mi disse in tono di rimprovero: “Lei deve regolarizzare la sua situazione”. Siccome io non risposi, tornò a ripetere la brusca ammonizione. E questo mentre eravamo inquadrati da tutte le telecamere del mondo. Ho l’impressione che tutto questo fu ben premeditato dal papa. E che le televisioni fossero avvisate. In realtà, era ingiusta la reprimenda del papa perché io avevo regolarizzato la mia situazione con la Chiesa. Noi sacerdoti che avevamo incarichi nel governo eravamo stati autorizzati dai vescovi, che avevano reso pubblica la loro autorizzazione (fino a quando il Vaticano ci proibì di mantenere tali incarichi). E la verità è che ciò che più disgustava il papa della Rivoluzione del Nicaragua era che fosse una Rivoluzione che non perseguitava la Chiesa. Avrebbe voluto un regime come quello della Polonia, che era anticattolico in un Paese a maggioranza cattolica, e pertanto impopolare. Quello che neanche lontanamente avrebbe voluto era una Rivoluzione appoggiata massicciamente dai cristiani come era la nostra, in un Paese cristiano, e dunque una Rivoluzione molto popolare. E peggio ancora, la nostra era una Rivoluzione con dei sacerdoti”.

Lei crede che Giovanni Paolo II sia venuto in Nicaragua per destabilizzare la Rivoluzione?
“Sì, ma le cose non andarono per il verso giusto. Il popolo era con noi e difese la Rivoluzione e, di conseguenza, la sua missione fallì. Scattò allora il “piano-B”: far vedere a tutti l’affronto che il Nicaragua faceva al Papa, per il tramite dei suoi ministri sacerdoti”.

Leggendo quest’intervista mi sembra difficile concordare col nunzio apostolico laddove afferma che Cardenal si sarebbe ritirato da ogni attività politica e accettato incondizionatamente le decisioni del Vaticano. Mi sembra invece una tardiva riparazione al meno accondiscendente dei tre preti puniti, accelerata in seguito alla sua quinta ospedalizzazione. È solo una supposizione logica.

Senza sapere quasi nulla dell’Esodo e delle Voci parlanti del Roveto, mi sento comunque di concordare con padre Davide Maria Turoldo quando, parlando di Ernesto Cardenal, affermava: Quell’uomo sta facendo la rivoluzione del Nicaragua […] una rivoluzione a suon di salmi, nella luce dell’antico Esodo […] E sono stati questi suoi canti che hanno infiammato le coscienze, che hanno sollevato il popolo: quasi avessero i poveri udito di nuovo la Voce parlante dalle fiamme dell’antico Roveto che nel deserto continua ad ardere senza consumarsi”[3].

Spero che il Vaticano si sbagli riguardo la gravità delle condizioni di Ernesto e che il nostro pretone poeta possa accompagnarci ancora a lungo. Comunque, lo saluto con una sua poesia:

“Beato l’uomo che non segue le direttive del Partito / e non partecipa alle sue manifestazioni / e non si siede allo stesso tavolo con i gangsters / o con i Generali nel Consiglio di Guerra. Beato l’uomo che non spia il suo fratello / o denuncia il suo compagno di scuola.

Beato l’uomo che non legge gli annunci pubblicitari / e non ascolta le loro radio/ e non crede nei loro slogan.

Sarà come un albero piantato accanto a una fonte”[4]

R.A. Rivas

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[1] “Dietro al monastero, vicino alla strada, esiste un cimitero di cose consumate,
dove giacciono il ferro arrugginito, pezzi di stoviglie, tubi spezzati, fili di ferro attorcigliati,
scatole di sigarette vuote, segatura e zinco, plastica vecchia, copertoni rotti,
che aspettano come noi la resurrezione”. “Dietro al monastero, vicino alla strada”

[2] Marco Dotti, “Il potere corrompe ogni cosa. Ernesto Cardenal da Cristo alla Rivoluzione”, “Vita” 21 febbraio 2016, consultabile in www.vita.it/it/article/2016/02/21/il-potere-corrompe-ogni-cosa-ernesto-cardenal-da-cristo-alla-rivoluzio/138370/

L’intero racconto della visita di papa Wojtyla in Nicaragua scritto da Ernesto Cardenal si può leggere in http://www.peacelink.it/latina/a/10428.html (traduzione di Giorgio Trucchi)

[3] Citato da Marco Dotti, op. cit.

[4] Ernesto Cardenal, “Salmo 1”, in “Salmos”, 1968. Il testo in spagnolo recita:

“Bienaventurado el hombre que no sigue las consignas del Partido/ ni asiste a sus mítines / ni se sienta en la mesa con los gangsters / ni con los Generales en el Consejo de Guerra.

Bienaventurado el hombre que no espía a su hermano / ni delata a su compañero de colegio.

Bienaventurado el hombre que no lee los anuncios comerciales / ni escucha sus radios / ni cree en sus slogans.

Será como un árbol plantado junto a una fuente”.

Rodrigo Andrea Rivas

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