Homenaje al Che – Omaggio al Che 2 de junio de 2020 – 2 giugno 2020 Día – Giorno XIX El Che en Congo (2/3)
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Il neoambasciatore cubano, Pablo Rivalta, ricevette il gruppo de Guevara nel aeroporto di Dar es Salaam.
Gli statunitensi avevano appena ritirato il loro ambasciatore in Tanzania ed erano molto occupati in altre zone del continente, ma il Che Guevara temeva che la CIA avesse notizie del suo arrivo.
I congolesi di Dar es Salaam non gli concessero una grande attenzione.
I leader ribelli, inclusi Kabila e Soumaliot, erano a Il Cairo, in teoria per cercare di ridurre gli scontri politici interni al loro movimento rivoluzionario e nella capitale tanzaniana erano a disposizione solo alcuni giovani.
Il falso inizio anticipò ciò che a breve diventò una realtà evidente: la pianificazione dell’intervento cubano nella lotta armata africana era estremamente scarso ed il coordinamento con i leader africani molto limitato.
Il 22 aprile 1965 Guevara ed il suo piccolo gruppo di cubani viaggio a Kigoma, città sulla sponda del Lago Tanganica, dove stabilirono una base d’appoggio logistico.
Kigoma si trova vicina a Ujiji, il paese dove nel 1871 si ritrovarono David Livingstone ed Henry Stanley.
La storia di questo incontro è molto nota (a chi interessi, consiglio il film realizzato per la TV da Simon Langton, “Terra vietata: alla ricerca di Livingstone”, “Forbidden Territory: Stanley’s Search For Livingstone”, 1997).
E’ nota soprattutto la frase rivolta da Stanley: “Doctor Livingstone, I presume?” (Doctor Livinstone, suppongo?).
Non si sa se il Che Guevara fosse a conoscenza di questo episodio della storia dell’imperialismo in Africa o della vicinanza di Ujiji alla sua base anti-imperialista in Kigoma.
La prima cosa che il Che fece fu dare ad ognuno dei leader cubani un nome-numero in lingua swahili: Dreke era Moja (uno), Tamayo, un collaboratore vicino a Guevara per diversi anni e tra le figure più significative delle attività militari internazionaliste di Cuba, Mbili (due) e lo stesso Guevara, Tatu (tre).
I cubani superarono il lago e furono ricevuti nel villaggio denominato Kibamba da un gruppo ben armato dell’Esercito di Liberazione Popolare vestito con vestiti di lavoro di colore cachi forniti dai cinesi.
Si comunicarono in francese coi cubani che installarono il loro accampamento nelle vicinanze del villaggio.
Fu l’inizio di quella che sarebbe stata una campagna di sette mesi denominata dal leader dei mercenari, il colonnello Mike Hoare, “la tasca di resistenza di Fizi Baraka” al regime di Tshombe, una tasca estesa oltre 40.000 chilometri quadrati, una superficie doppia di quella del Galles.
Nei mesi successivi, tra aprile ed ottobre 1965, arrivarono poco a poco altri cubani dall’altra sponda del lago Tanganica per unirsi ai loro compatrioti.
Cubani e congolesi elaborarono un piano di esplorazione del terreno che “occupavano” ed i cubani iniziarono a valutare i punti di forza e le debolezze dei loro alleati e dei loro nemici.
Una piccola osservazione di Mike Hoare, il mercenario irlandese contrattato nel 1964 dal Primo ministro congolese Moise Tshombe per dirigere il “5° Comando” formato da mercenari di lingua inglese (principalmente britannici e sudafricani), dà un’idea delle caratteristiche umane (¡) del mercenario e, indirettamente, delle dimensioni possibili della ribellione.
Di ritorno a casa scrisse il libro “Mercenario nel Congo” (“Congo Mercenary”, 1967) per vantarsi delle sue imprese:
“Nei 20 anni trascorsi in Congo, con i miei uomini abbiamo assassinato tra 5.000 e 10.000 ribelli congolesi. Ma non è stato sufficiente. Ci sono 20 milioni di congolesi e credo che circa la loro metà siano stati parti della ribellione mentre sono stato lì”.
Nelle loro ricognizioni, i rivoluzionari verificarono che le basi avanzate dei loro nemici erano ben difese e disponevano dell’appoggio di piccoli aerei e di mercenari bianchi.
I cubani consideravano basso il livello della morale e la competenza dei ribelli congolesi. Pensavano, e scrissero, che i loro leader, incluso Kabila, erano considerati strani o “turisti” dai loro uomini:
“I comandanti dell’accampamento passavano i giorni bevendo e facendo grandi mangiate senza nascondere i loro piani alla gente che stava loro vicina. Spendevano combustibile in spedizioni senza senso”.
Il 7 giugno il leader ribelle più anziano presente nel’accampamento (Kabila era ancora a Dar es Salaam), è morto annegato nel lago Tanganica in un incidente inspiegabile.
Poco tempo dopo arrivarono ordini da Kabila: i cubani dovevano organizzare un attacco ad una guarnigione a Bendera, sulla strada interna che proteggeva una centrale idroelettrica.
A Guevara il piano non piaceva, ma ciò malgrado decise di realizzarlo.
Il 20 giugno 1965 è partita una forza combinata con elementi cubani, congolesi e tutsi (alcuni originari di Rwanda) per attaccare la centrale e le baracche dove alloggiavano i mercenari.
Il risultato dell’operazione fu sostanzialmente negativo, pur se i suoi protagonisti lo definirono in modo relativamente ambiguo.
Per i cubani si trattò semplicemente di un disastro: molti tutsi fuggirono, i congolesi si rifiutarono di prenderne parte e morirono quattro cubani, rivelando al nemico che Cuba era coinvolta nella ribellione.
Dall’altra parte, il colonnello Mike Hoare segnala nelle sue memorie (“The Road to Kalamata: a Congo mercenary’s personal memoir”, 1989):
“Gli osservatori hanno notato un cambiamento sottile nel tipo di resistenza offerto dai ribelli al governo di Leopoldville […]. Questo cambiamento coincideva con l’arrivo in zona di un contingente di assessori cubani specialmente addestrati nell’arte della guerra di guerriglie”.
I cubani erano depressi e delusi.
Tutti si erano ammalati prima o dopo da quando erano arrivati.
Guevara aveva avuto attacchi di asma e di malaria.
Malgrado piccoli successi militari, come l’imboscata ad un gruppo di mercenari ad agosto, i progressi apparivano insignificanti ed il clima politico era in chiara fase di deterioramento.
I disaccordi tra le diverse fazioni ribelli e tra i loro leader erano arrivati al culmine ed un colpo di Stato in Algeria aveva portato alla sostituzione di Ahmed Ben Bella – uno dei principali appoggi di Guevara – per il comandante dell’esercito Houari Boumedienne. Ciò comportò che gli Stati radicali riducessero il loro impegno con la ribellione congolese.
Guevara non rese pubbliche le sue preoccupazioni, nemmeno alla direzione cubana.
Ai primi di settembre 1965, Soumaliot fece un viaggio a l’Avana dove convinse Fidel Castro che la rivoluzione progrediva. Con ciò è riuscito a non interrompere il regolare flusso mensile di guerriglieri recentemente addestrati che arrivavano a Tanzania da Cuba.
I mercenari bianchi e le truppe congolesi di Tshombe intrapresero allora un contrattacco che minacciava nel suo insieme la posizione cubana.
Ma l’addestramento cubano era stato utile. Scrive Hoare nelle sue memorie:
“Il nemico era molto diverso di quello che avevamo conosciuto precedentemente. Era equipaggiato, impiegava normali tattiche di campagna e rispondeva ai segnali del fischietto. Era ovviamente diretto da ufficiali addestrati. Abbiamo intercettato messaggi senza cavo in spagnolo […] e sembrava chiaro che […] i cubani si erano fatti carico di organizzare la difesa”.
Verso ottobre, quando i cubani erano da solo sei mesi nel Congo, sia loro che i loro alleati erano in chiaro svantaggio e Guevara era costretto a ritirarsi nel suo accampamento base a Luluabourg, da dove previde una lunga e ultima resistenza.
A questo punto, gli avvenimenti politici, come sempre imprevedibili, acquistarono un ruolo determinante nell’avventura rivoluzionaria.
Nel Congo, il presidente Kasavubu arrivava finalmente alla convinzione che mai avrebbe ottenuto l’approvazione della maggioranza tra gli Stati membri appartenenti all’ Organizzazione dell’Unità Africana (OUA) se Tshombe continuava ad essere il Primo ministro e, di fatto, il signore del Katanga.
Conseguentemente, Tshombe era destituito e sostituito da Evariste Kimba.
In un primo momento sembrava che la ribellione si era salvata ma in realtà il “rovesciamento” del governo Tshombe è stato il preludio di una riconciliazione politica destinata a minare la ribellione e a mettere fine al appoggio che riceveva dagli Stati africani.
Il 23 ottobre 1965 Kasavubu prendeva parte ad un incontro dei capi di Stato africani presieduto da Kwame Nkrumah ad Accra.
Nel corso dell’incontro annunciava che la ribellione nel Congo era praticamente finita e, conseguentemente, era possibile prescindere dei servizi dei mercenari bianchi e spedirli di ritorno a casa loro.
Tanto bastò per convincere molti dirigenti africani impazienti e interessati a mettere fine a processi che costavano denaro e impedivano la riconciliazione coi vecchi e nuovi padroni del continente.
Questa sconfitta degli Stati africani radicali permise la nascita di un’alleanza conservatrice in seno all’OUA e segnò un punto d’inflessione negli ultimi anni della storia coloniale dell’Africa.
Considerando che il clima era mutato favorevolmente, l’11 novembre 1965 il leader bianco della Rhodesia, Ian Smith, dichiarava unilateralmente l’indipendenza dal Regno Unito.
Nel Sudafrica, un nuovo attacco contro il Congresso Nazionale Africano (ANC) di fatto schiacciava il movimento di massa contro l’apartheid per cinque anni.
Nelle colonie portoghese, i lusitani riuscivano a mantenere il loro dominio sull’Angola, il Mozambico e la Guinea-Bissau durante altri dieci anni, fino al 1975.
Come indicato precedentemente, il 19 giugno 1965 era stato rovesciato Ahmed Ben Bella in Algeria.
Nel Ghana, il 24 febbraio 1966, mentre era impegnato in una missione di pace ad Hanoi, un colpo di Stato rovesciava Gwame Nkrumah. L’esercito e la polizia sospendevano la Costituzione e formavano un governo militare.
Nel Maghreb scompariva Mehdi Ben Barka. Il leader radicale marocchino che aveva avuto un ruolo importante nell’organizzazione della Conferenza Tricontinentale (l’incontro dei movimenti rivoluzionari di tutto il mondo realizzato all’Avana nel gennaio 1966), fu sequestrato il 29 ottobre 1965 a Parigi da agenti della polizia francese. Una successiva inchiesta giudiziaria stabilì che era stato portato in un villaggio vicino e torturato fino alla morte da agenti marocchini e da mercenari francesi, seguendo le direttive dell’allora Ministro degli Interni del regno alaui, Mohammed Oufkir, che prese parte personalmente alle torture dopo avere chiesto e ottenuto l’aiuto di agenti del Mossad.
Nel frattempo, quando Mike Hoare ascoltò nel Congo il discorso di Kasavubu contenente l’impegno di spedire a casa loro i mercenari, andò a trovare Mobutu a Leopoldville.
“Il generale era furibondo”, ricorda, “non era stato consultato […] e ciò l’amareggiava molto”.
Il nuovo Primo ministro, Kimba, faceva allora una dichiarazione in cui affermava che non c’era intenzione di spedire i mercenari a casa loro fin quando il Congo non fosse stato totalmente pacificato.
Anche Guevara era occupato a cercare di contrastare il cambiamento della tendenza politica in Africa.
Il 1 novembre 1965 ricevette un messaggio urgente da Dar es Salaam in cui gli comunicavano che in seguito all’incontro di Accra, il governo tanzaniano aveva deciso di cancellare la spedizione cubana.
Conscio delle lotte interne ai dirigenti congolesi e preoccupato dalle loro possibili implicazioni, il presidente tanzaniano Nyerere considerava che non aveva altre opzioni.
Guevara aveva preso in considerazione l’opzione di restare nella retrovia, succedesse quel che succedesse, “con venti uomini ben scelti”.
Avrebbe continuato a lottare fino a quando si fosse sviluppato il movimento o fino ad avere esaurito tutte le sue possibilità. In quel caso, avrebbe deciso di aprire un altro fronte o chiesto asilo da qualche parte.
Chiese aiuto alla Cina e Ciù En-Lai gli consigliò di restare nel Congo formando gruppi di resistenza, ma senza entrare in combattimento.
Il 20 novembre suonò la ritirata ed organizzò il passaggio sul lago Tanganica per fare ritorno in Tanzania.
“Tutti i leader congolesi erano in piena ritirata, i contadini diventavano sempre più ostili”, scrisse.
El neoembajador cubano, Pablo Rivalta, recibio el grupo de Guevara en el aeropuerto de Dar es Salaam.
Los estadounidenses acababan de retirar a su embajador en Tanzania y estaban sumamente ocupados en otros lugares del continente, pero el Che Guevara temía que la CIA tuviera noticias de su llegada.
Los congoleños de Dar es Salaam no le prestaron mucha atención.
Los líderes rebeldes, incluidos Kabila y Soumaliot, estaban en El Cairo, supuestamente tratando de reducir las divisiones políticas dentro del movimiento revolucionario y en la capital tanzana estaban disponibles sólo algunos jóvenes.
El falso inicio anticipó lo que después se transformó en una realidad evidente: la planificación de la intervención cubana en la lucha armada africana era extremadamente deficiente y la coordinación con los líderes africanos era muy limitada.
El 22 de abril de 1965 Guevara y su pequeño grupo de cubanos viajaron a la ciudad ribereña de Kigoma, donde establecieron una base de suministro.
Kigoma está cerca del pueblo de Ujiji, donde en 1871 se habían reunido David Livingstone y Henry Stanley.
La historia de este encuentro es muy conocida (a quien interese, recomiendo una película para la TV de Simon Langton, “Tierra prohida: a la búsqueda de Livingstone”, “Forbidden Territory: Stanley’s Search For Livingstone”, de 1997).
Se conoce sobre todo la frase con la cual Stanley saluda: “Doctor Livingstone, I presume?” (Doctor Livinstone, supongo?).
No se sabe sí el Che Guevara era consciente de este episodio de la historia del imperialismo en África o de la proximidad de Ujiji a su base antiimperialista en Kigoma.
La primera cosa che el Che hizó, fue darle a cada uno de los líderes cubanos un nombre-número en lengua suajili: Dreke era Moja (uno), Tamayo, un colaborador cercano de Guevara durante varios años y una de las figuras más significativas de las actividades militares internacionalistas de Cuba, Mbili (dos) y el propio Guevara, Tatu (tres).
EN ESPAÑOL
Los cubanos cruzaron el lago y fueron recibidos en el poblado de Kibamba por un grupo bien armado del Ejército de Liberación Popular ataviado con trajes de faena color caqui suministrados por los chinos.
Se comunicaron en francés con los cubanos, que establecieron su campamento en las afueras del poblado.
Fue el inicio de lo que iba a ser una campaña de siete meses que el líder mercenario, el coronel Mike Hoare denominó “el bolsillo de resistencia de Fizi Baraka” al régimen de Tshombe, en una zona extensa más de 40.000 kilometros cuadrados, más del doble de la superficie de Gales.
En los meses siguientes, entre abril y octubre de 1965, fueron llegando poco a poco más cubanos desde el otro lado del lago Tanganica para unirse a sus compatriotas.
Cubanos y congoleños elaboraron un plan para explorar el terreno que “ocupaban” y los cubanos empezaron a valorar los puntos fuertes y débiles de sus aliados y de sus enemigos.
Una pequeña observación de Mike Hoare, mercenario irlandés contratado en 1964 por el primer ministro congoleño Moise Tshombe para dirigir el “5° Comando” formado por mercenarios de lengua inglés (principalmente británicos y sudafricanos), da una idea de las características humanas (¡) del mercenario e, indirectamente, de las dimensiones posibles de la rebelión.
De vuelta a casa Hoare escribio el libro “Mercenario en el Congo” (“Congo Mercenary”, 1967) vanagloriándose de sus hazañas:
“En los 20 años que pasé en Congo, con mis hombres asesinamos entre 5.000 y 10.000 rebeldes congoleños. Pero no fue suficiente. Hay 20 millones de congoleños y creo que aproximadamente la mitad de ellos fueron rebeldes en uno u otro momento mientras estuve ahí”.
En sus exploraciones, los revolucionarios verificaron que las bases avanzadas de sus enemigos estaban bien defendidas y que contaban con el apoyo de pequeños aviones y de mercenarios blancos.
Los cubanos consideraban bajo el nivel de la moral y de la competencia de los rebeldes congoleños. Pensaban, y escribieron, que sus líderes, incluido Kabila, eran considerados extraños o “turistas” por sus hombres:
“Los comandantes del campamento pasaban los días bebiendo y haciendo comidas enormes sin ocultar sus planes a la gente que había alrededor. Gastaban gasolina en expediciones sin sentido”.
El 7 de junio el líder rebelde más antiguo presente en el campamento (Kabila seguía estando en Dar es Salaam), se ahogó en el lago Tanganica en un accidente inexplicable.
Poco tiempo después llegaron órdenes de Kabila: los cubanos tenían que organizar un ataque a una guarnición en Bendera, en la carretera interior que protegía una central hidroeléctrica.
A Guevara no le gustaba el plan, pero a pesar de ello decidió realizarlo.
El 20 de junio de 1965 salió una fuerza combinada de cubanos, congoleños y tutsis (algunos originarios de Ruanda) para atacar la central y las barracas donde se alojaban los mercenarios.
El resultado de la operación fue substancialmente negativo, aunque sus protagonistas lo definieron en modo relativamente ambigüo.
Para los cubanos fue simplemente un desastre: muchos tutsis huyeron, los congoleños se negaron a participar y fallecieron cuatro cubanos, lo que reveló al enemigo que Cuba estaba involucrada en la rebelión.
Por su parte, el coronel Mike Hoare señaló en sus memorias (“The Road to Kalamata: a Congo mercenary’s personal memoir”, 1989):
“Los observadores han notado un cambio sutil en el tipo de resistencia que ofrecían los rebeldes al gobierno de Leopoldville […]. Ese cambio coincidía con la llegada a la zona de un contingente de asesores cubanos especialmente adiestrados en el arte de la guerra de guerrilla”.
Los cubanos estaban deprimidos y desilusionados.
Todos se habían enfermado en un momento u otro desde que habían llegado.
Guevara había tenido ataques de asma y malaria.
A pesar de pequeños éxitos militares, como la emboscada a un grupo de mercenarios en agosto, los progresos parecían insignificantes y el clima político se estaba deteriorando a todas luces.
Las diferencias entre las distintas facciones rebeldes y entre sus líderes habían llegado a su culmen y un golpe de Estado en Argelia que había sustituido a Ahmed Ben Bella – uno de los principales apoyos de Guevara – por el comandante del ejército Houari Boumedienne, trajó como consecuencia que los Estados radicales redujeran su compromiso con la rebelión congoleña.
Guevara no exteriorizó sus preocupaciones, ni siquiera a la dirección cubana.
A principios de septiembre de 1965, Soumaliot viajó a La Habana donde convenció a Fidel Castro que la revolución iba bien, consiguiendo que no se detuviese el flujo regular mensual de guerrilleros recién adiestrados que llegaban a Tanzania desde Cuba.
Los mercenarios blancos y las tropas congoleñas de Tshombe emprendieron entonces un contraataque, que amenazó a toda la posición cubana.
Pero el adiestramiento cubano había sido útil. Escribe Hoare en sus memorias:
“El enemigo era muy diferente de cuanto habíamos conocido antes. Estaba equipado, empleaba tácticas de campo normales y respondía a las señales del silbato. Era obvio que estaba dirigido por oficiales adiestrados. Interceptamos mensajes inalámbricos en castellano […] y parecía claro que […] los cubanos estaban organizando la defensa”.
Hacia octubre, cuando los cubanos llevaban en Congo solo seis meses, tanto ellos como sus aliados congoleños estaban en clara desventaja y Guevara fue vio obligado a retirarse a su campamento base de Luluabourg donde previó una larga y última resistencia.
A este punto, los acontecimientos polìticos, impredecibles como siempre, tuvieron un rol determinante en la aventura revolucionaria.
En el Congo, el presidente Kasavubu finalmente se convenció de que nunca conseguiría la aprobación de la mayoría de los Estados africanos pertenecientes a la Organización de la Unidad Africana (OUA) si Tshombe continuaba siendo el Primer ministro y, de hecho, el mandamás de Katanga.
Consiguientemente, Tshombe fue destituido y substituido por Evariste Kimba.
Aunque por un momento pareció que la rebelión se había salvado, en realidad el “derrocamiento” del gobierno de Tshombe fue el preludio de una reconciliación política destinada a minar la rebelión y a acabar con el apoyo que ésta recibía de los Estados africanos.
El 23 de octubre de 1965 Kasavubu asistió a un encuentro de jefes de Estado africanos en Accra presidido por Kwame Nkrumah.
En ella, anunció que la rebelión en Congo estaba prácticamente terminada y que, por consiguiente, era posible prescindir de los servicios de los mercenarios blancos y enviarlos de vuelta a casa.
Esto fue suficiente para convencer a muchos dirigentes africanos impacientes de terminar con procesos que costaban dinero e impedían la reconciliación con los viejos y nuevos amos del continente.
Esta derrota de los Estados africanos radicales permitió el surgimiento de una alianza conservadora en el seno de la OUA y marcó un punto de inflexión en los últimos años de la historia colonial de África.
Considerando que el clima era favorable, el 11 de noviembre de 1965 el líder blanco de Rhodesia, Ian Smith, declaró unilateralmente la independencia del Reino Unido.
En Sudáfrica un nuevo ataque contra el Congreso Nacional Africano (ANC) de hecho aplastó al movimiento de masas contra el apartheid durante media década.
En las colonias portuguesas, los lusitanos lograron mantener su dominio en Angola, Mozambique y Guinea-Bissau durante otra década, hasta 1975.
Como ya indicado, el 19 de junio de 1965 había sido derrocado Ahmed Ben Bella en Argelia.
En Ghana, el 24 de febrero de 1966, mientras realizaba una misión de paz en Hanoi, un golpe de Estado derrocaba Gwame Nkrumah. El ejército y la policia suspendían la Constitución y formaban un gobierno militar.
En el Maghreb desaparecía Mehdi Ben Barka. El líder radical marroquí que había tenido un rol importante en la organización de la Conferencia Tricontinental (la reunión de los movimientos revolucionarios de todo el mundo a La Habana en enero de 1966), fue secuestrado el 29 de octubre de 1965 en Paris por agentes de la policia francesa. Una sucesiva investigación judicial estableció que lo habían llevado a un pueblo cercano y torturado hasta la muerte por agentes marroquíes y mercenarios franceses, siguiendo las directivas del entonces Ministro del Interior del reino alauí, Mohammed Oufkir, que participó directamente a las torturas después de haber pedido y obtenido la ayuda de agentes del Mossad.
Mientras tanto, cuando Mike Hoare oyó en el Congo el discurso de Kasavubu conteniente la promesa de enviar a los mercenarios a casa, acudió a Leopoldville a ver a Mobutu en persona.
“El general estaba furioso”, recuerda, “no se le había consultado […] y se amargó por ello”.
El nuevo primer ministro, Kimba, hizó entonces una declaración afirmando que no había intención de enviar a los mercenarios a casa hasta que Congo estuviera totalmente pacificado.
También Guevara estaba ocupado en luchar contra el cambio de la tendencia política en África. El 1 de noviembre de 1965 recibió un mensaje urgente de Dar es Salaam en el que se le advertía que tras el encuentro de Accra, el gobierno tanzano había decidido cancelar la fuerza expedicionaria cubana.
Consciente de las luchas internas en la dirigencia congoleña y preocupado por sus posibles implicaciones, el presidente tanzano Nyerere consideraba que no tenía otras opciones.
Guevara ya había considerado la opción de permanecer en la retaguardia, pasara lo que pasara, “con veinte hombre bien escogidos”.
Habría seguido luchando hasta que se desarrollara el movimiento o hasta agotar todas sus posibilidades. En ese caso, habría decidido crear otro frente o pedir asilo en alguna parte.
Pidió ayuda a China y Chou en Lai le aconsejó permanecer en Congo formando grupos de resistencia, pero sin entrar en combate.
El 20 de noviembre tocó a retirada y organizó el paso del lago Tanganica de vuelta a Tanzania.
“Todos los líderes congoleños estaban en plena retirada, los campesinos se habían vuelto cada vez más hostiles”, escribió.