E in Italia continuano a crollare i ponti
“Debajo del puente en el río hay un mundo de gente, abajo, en el río, en el puente.
Y arriba del puente las cosas pendientes, la gente que pasa, que mira y no siente.
Tomates, lechugas y pan del mercado, te quiero, te odio, me tienes cansado”.
Pedro Guerra, “Debajo del puente”, 2006
Un ponte è crollato in Sardegna giovedì 2 aprile a Gonnesa, nel Sulcis. Un camion transitava lungo il viadotto quando la struttura ha ceduto di colpo.
Un ponte lungo 258 metri è crollato mercoledì 8 aprile ad Albiano, provincia di Massa Carrara. Grazie al fermo imposto dall’emergenza coronavirus il consueto e intenso traffico sul viadotto era praticamente inesistente.
Nei 5 anni precedenti il crollo del ponte Morandi a Genova (14 agosto 2018), in Italia sono crollati 10 ponti.
Colpa della burocrazia o della diminuzione degli investimenti destinati al mantenimento delle infrastrutture accentuata ulteriormente col governo presieduto da Mario Monti (2011)?
Nel 2015, secondo i dati OCSE, l’Italia ha speso 14 miliardi nella sua rete viaria lunga 7.000 chilometri.
La Germania, ha speso per la sua rete autostradale lunga 13.000 chilometri, 11,6 miliardi.
E cioè, l’Italia non investe meno della Germania in questo settore.
“Nel giugno 2028 Der Spiegel” ha pubblicato una lunga inchiesta riguardo il rischio di cedimenti strutturali di alcuni dei 40 mila ponti in Germania. Secondo il Bast (Bundesanstalt für Straßenwesen), tra il 2014 e il 2018, 6,8 milioni di metri quadrati di superficie sono stati risanati, ma allo stesso tempo 9 milioni di metri quadrati di ponti risultano deteriorati e circa il 13% dei ponti tedeschi è in condizioni critiche (…) L’infrastruttura che desta più preoccupazione è il ponte sul Reno della A1 all’altezza di Leverkusen che ogni giorno viene attraversato da più di 120 mila veicoli” (https://berlinomagazine.com/lultima-volta-che-e-crollato-u…/).
Il problema, europeo, non deriva dalla burocrazia – che comunque ci mette del suo – ma dalla politica di riduzione della spesa pubblica e dalle privatizzazioni.
Non solo i ponti.
“La memoria recente si ferma sul disastro che due anni fa provocò la morte di 3 persone e il ferimento di 46 passeggeri: alle porte di Milano, il 25 gennaio del 2018 il treno regionale 10452 operato da Trenord deragliò nei pressi di Pioltello-Limito mentre viaggiava a circa 140 chilometri orari. Il convoglio era partito da Cremona alle 5.32 ed era diretto alla stazione di Milano Porta Garibaldi”. (https://www.corriere.it/…/treno-deragliato-pioltello-porte-…).
“Poco dopo le 17 di venerdì 12 luglio 2019, un treno passeggeri proveniente da Parigi e diretto a Limoges, nel centro-ovest della Francia, è deragliato nella stazione ferroviaria di Brétigny-sur-Orge (nel dipartimento dell’Essonne, circa 30 km a sud di Parigi). Il treno trasportava 385 persone” (https://www.ilpost.it/tag/incidente-ferroviario/).
“E’ cominciata una serie di scioperi intermittenti contro la riforma delle ferrovie francesi, una mobilitazione che minaccia di andare avanti per tre mesi ed è un’aperta sfida al governo e al presidente Emmanuel Macron” (http://www.rainews.it/…/Francia-sciopero-treni-e-mobilitazi…)
“14 gennaio 2020: Sciopero nazionale interprofessionale: A causa di uno sciopero nazionale interprofessionale, il traffico SNCF è ridotto sull’insieme della rete. Per tutta la durata dello sciopero, tutte le informazioni sui treni del giorno seguente saranno disponibili tutti i giorni a partire dalle 17:00” (sito della SNCF, https://it.oui.sncf/it/treno/scioperi).
Decadenza indotta del trasporto pubblico per favorire il trasporto stradale e le privatizzazioni.
Problema circoscrivibile alla sola Unione Europea?
L’American Society of Civil Engineers (ASCE) racconta da anni del catastrofico stato di abbandono delle infrastrutture pubbliche statunitensi: aeroporti, ponti, ferrovie, strade, canali, porti, acqua, scuole, ecc. (https://www.asce.org/infrastructure_policy_reports/)
Se ne deduce che il problema è sistemico.
Parecchi anni fa, i ricchi ottennero le condizioni per condividere di meno e dedicare una quota sempre maggiore delle loro rendite e privilegi al ingrassamento perenne delle loro casse, sempre fameliche.
Si guardi l’evoluzione delle grandi fortune e la sempre più disuguale concentrazione dei redditi nei Paesi arricchiti per ogni dubbio.
Dubbi che nessuno avrebbe se questa informazione fosse di dominio pubblico. Non lo è poiché i nostri media condividono quella politica per partito preso, anche perché appartengono in larga maggioranza a magnati e grandi gruppi economici fervidi partigiani del culto neoliberista.
Ergo, il neoliberismo non si è limitato a calpestare la sanità pubblica como oggi appare evidente a tutti.
La sera del 9 aprile 2020, mettendo in atto il fondo salva Stati già applicato in Grecia, la UE ha deciso sostanzialmente “Si salvi chi può”.
La cura della Grecia è stata gestita con infinita mancanza di pudore. Alla fine, i media hanno affermato: “La Grecia vede la luce alla fine del tunnel” e “Grazie al sacrificio della sua popolazione l’Europa ha salvaguardato la sua integrità”.
Infatti, tra il 2009 e il 2019:
– Il debito greco è passato dal 135% al 180% del PIL
– La disoccupazione dal 10% al 20%
– 400.000 persone hanno dovuto emigrare
– La Germania ha intascato 3 miliardi di euro d’interessi
– La Cina ha acquistato a prezzi di saldo il porto del Pireo
– La Germania si è impossessato degli aeroporti greci
“La Grecia ci è riuscita, noi ci siamo riusciti”, dichiarava al TG tedesco “Tageschau” la sera del 21 agosto 2019 il commissario Pierre Moscovici celebrando cotanto successo.
Non so se Moscovici fosse un idiota o se ci prendeva per idioti.
In termini pratici è lo stesso. Le elite vivono nel loro mondo.
Nel 2020 i tedeschi presiedono la Commissione europea, dirigono la Banca d’investimenti europei, il meccanismo di riscatto dell’euro, la segreteria del Parlamento Europeo, la presidenza di quasi tutti i gruppi parlamentari dell’Europarlamento …
Quando non ci sono tedeschi al comando, ci sono i loro uomini di paglia.
Ad esempio, al Consiglio europeo c’era prima Donald Tusk, ora c’è Charles Michel.
Chi abbia interesse può rivolgersi a polacchi e belgi per informazioni sui loro percorsi.
Poiché secondo Leonardo, la poesia è una pittura che non si vede e la pittura una poesia che non si sente, a me Tusk e Michel mi hanno riportato alla mente alcuni versi di Pablo Neruda:
“Si usted nace tonto en Rumania sigue su carrera de tonto. Si usted nace tonto en Avignon su calidad es conocida por las viejas piedras de Francia, por las escuelas y los chicos irrespetuosos de las granjas. Pero si usted nace tonto en Chile, pronto lo harán Embajador”. “Se lei nasce sciocco in Romania, seguirà la carriera da sciocco. Se lei nasce sciocco ad Avignone, la sua condizione sarà nota tra le vecchie pietre della Francia, nelle sue scuole e tra i monelli irriverenti delle sue fattorie. Ma se lei nasce sciocco in Cile, presto la faranno ambasciatore” (Pablo Neruda, (“Diplomáticos”, “Diplomatici”).
Se ne deduce che continueranno a crollare i ponti e a deragliare i treni.
E che sono di gran lunga aumentate le possibilità di uscire dalla crisi applicando il libretto collaudato in Grecia.
Le elite continueranno a vivere nel loro mondo?