Pirati cinesi del Terzo millennio

Pirati cinesi del Terzo millennio

La pirateria moderna non si esercita solo a partire dal mare o nel mare e non è esclusivamente cinese.
Qualche settimana fa, ad esempio, ho trattato degli accordi di pesca, pirateschi e depredanti, tra l’UE ed il Senegal.
Ora aggiungo qualche riga sulla pirateria, senza accordi formali, della Cina e associati in America Latina.
A scanso di equivoci, anticipo che non sono un’esperto in materia di pesca.
Non penso sia necessario.

1) la Cina mantiene in mare oltre 17.000 navi da pesca.

2) tra aprile ed agosto 2020, oltre 300 di queste navi hanno pescato attorno alle isole Galápagos, dichiarate dalla UNESCO patrimonio universale.

3) da settembre 2020, oltre 70 tra queste navi si dedicano a pescare davanti alle coste del Cile e del Perù, al di fuori della Zona Esclusiva Economica (ZEE), e cioè oltre le 200 miglia marittime. Ufficialmente, sono controllate permanentemente dalla Marina cilena alla quale gli USA offrono da mesi il loro “disinteressato” appoggio tecnico e di mezzi
Sarebbe un’ulteriore causa per aumentare i pericoli militareschi
Le navi si dedicano prevalentemente a pescare calamari e seppie.

4) dall’aprile 2020, 27 pescherecci, per il 60% cinesi, ma anche taiwanesi, coreani e spagnoli, sono presenti nel mare Atlantico argentino. Anche queste navi operano nel miglio 201 e si dedicano soprattutto a calamari e seppie
Pur se fuori dalla ZEE argentina, la loro presenza condiziona fortemente la pesca degli attori locali
Nell’aprile 2020 sono stati documentati i loro brutali metodi di pesca. Calamari, seppie e tutto quanto vive sul mare ne è preda.
Ma gli autori dei video e delle denunce restano sostanzialmente anonimi ed i governi, silenti.
Con la Cina, ormai primo partner commerciale per tutti questi paesi, non si scherza.

5) nell”Atlantico, tra Viedma e Puerto Madryn (ossia in appena 44 km di lunghezza per 11 di larghezza), ognuna di queste navi pesca in media 50 tonnellate di pesce ogni giorno
Fanno 3.750 tonnellate di pesce, ogni giorno.

6) negli ultimi anni, l’Argentina ha esportato tra 80 e 100mila tonnellate annue di pesce per un valore di 250 milioni di dollari.
Le 27 navi pirate accumulano la stessa quantità di pesce in solo 12 giorni.
Ad occhio e croce, solo tra aprile e dicembre 2020 e solo nell’Argentina, l’entità del saccheggio dovrebbe aggirarsi sui 6 miliardi di dollari.

7) nel dicembre 2020 altri 26 pescherecci cinesi hanno superato lo stretto di Magellano guadagnando l’Atlantico argentino.
Ergo, alla fine del 2020 operano poco meno di 300 pescherecci sul Pacifico sudamericano ed oltre 50 sull’Atlantico sudamericano.
Se estrapolate le cifre argentine avrete un’idea approssimativa dell’entità del saccheggio economico
Sulle sue conseguenze ecologiche non esistono finora stime.

Minima immoralia

Una storiella anonima racconta che, allertato della presenza dei pescherecci cinesi, il governo argentino spediva un messaggio urgente al governo cinese:

“Constatata la vostra piratesca aggressione, vi dichiariamo immediatamente guerra.
Una nostra flotta, composta da una trentina di navi, si è messa in movimento verso le vostre coste.
Comunque, siamo sempre disponibili a trovare un accordo”

Rispondeva Pechino:
“Abbiamo ricevuto la vostra formale dichiarazione di guerra.
Pur lamentando essere costretti a prendere questa decisione, vi comunichiamo che abbiamo già fatto partire 3.000 delle nostre navi da guerra verso le vostre coste.
Comunque, siamo anche noi disponibili a trovare un accordo equo”.

Risposta da Buenos Aires:
“Dopo approfondite discussioni, siamo arrivati alla conclusione che la pace è un bene troppo prezioso per arrivare a metterlo in discussione.
Conseguentemente, abbiamo deciso di ritirare con effetto immediato la nostra dichiarazione di guerra e restiamo in attesa di un vostro gentile riscontro per intavolare trattative che risparmieranno sofferenze inaudite alle nostre popolazioni”.

Naturalmente, invece di Buenos Aires si potrebbe scriversi Santiago, Lima o Quito.
Il fatto, una volta si sarebbe detto i rapporti di forza, è che il pesce non vale la pace.

Rodrigo Andrea Rivas

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