11 settembre: a Salvador Allende e alla sua lotta per la vita
Trascorsi 45 anni da quel 11 settembre e dopo che, ovviamente, è successo di tutto, mi piace ricordare Allende come un uomo normale capace di dirigere un processo di costruzione di qualcosa di profondamente innovativo e ancora non replicato.
Si trattava di costruire il socialismo recuperando un concetto che la sinistra aveva regalato stupidamente ai suoi avversari: la democrazia.
Coerente fino alla fine, in questo tentativo ci lasciò le penne.
Era, quindi, anzitutto un uomo coerente. Forse, allora, non era poi così normale.
Per la sinistra sinistra di allora era solo un riformista. Basterà rileggere quanto ne scriveva Rossana Rossanda sul Manifesto.
Per la sinistra allora sedicente comunista, era un socialdemocratico estremista e non di rado utopista. Strana concezione di cui ancora non capisco il senso. Basterà leggere quanto ne scriveva Rinascita.
Per noi, era banalmente “il compagno presidente”. Tale è rimasto. Coi suoi difetti e virtù.
Con lui se ne sono andati molti amici e compagni. Con lui se ne andò un progetto che reputo più che mai attuale. E non era quello del compromesso storico.
Lo ricordo come un amico più grande, con rimpianto e affetto.
Quando è morto, aveva poco meno di 64 anni. In teoria, avrebbe potuto provare a fare il girovago in mostra per il mondo.
Nella pratica non gli sarebbe mai stato permesso. Doveva morire e il suo progetto doveva essere sradicato.
L’annientamento fisico della sinistra cilena non fu un eccesso. Era la premessa per riallineare il continente.
Col segno del dopo direi che è stata la premessa del reaganismo e del neoliberismo successivo. Ovviamente, non solo nel Cile e nell’America Latina.
In questo senso, le ampie strade da aprire per far passare donne e uomini liberi ci attendono dovunque.
Come salutarlo?
Penso come ognuno può e vuole.
Con un brindisi di vino rigorosamente rosso.
Con un fiore.
Con un canto.
Anche con un vaffanculo. Perché avremmo tanto bisogno di te e non ci sei.
Senza trasformarlo in macchietta.
Con l’emozione stringendo pancia e cuore, viscere e pensiero.
Insomma, si: “Compagno Salvador Allende”. “Presente”. Ora e sempre”.
Poiché vivi e lotti con noi, tutti i giorni.
Perché quotidianamente ci ricordi che, se di migliorare la vita si tratta, s’impone anzitutto la necessita di onorarla, restando quel che siamo ma alla perenne ricerca di un trattino del proprio, però comune, pezzo di cielo.
Ti saluto con Neruda:
“Venceremos. Aunque no lo creas, venceremos. Nosotros los últimos y los penúltimos. Venceremos.”
“Podrán cortar todas las flores, pero no podrán impedir la vuelta de la primavera.”
Vinceremo. Anche se non riesci a crederlo, vinceremo. Noi, gli ultimi ed i penultimi (oggi diremmo emigrati, precari, disoccupati, donne). Vinceremo.”
“Potranno recidere tutti i fiori, ma non riusciranno ad impedire il ritorno della primavera.”