Imprenditori e COVID-19, MACELLI ALLA PADANA

Imprenditori e COVID-19, MACELLI ALLA PADANA

Foto CNT

Da “Il Giorno”, Sondrio, 7 dicembre 2019: “Il padre esce dal carcere, ma in cella ci entra pochi giorni dopo il figlio.

Parliamo della famiglia Pini dell’omonimo gruppo valtellinese leader internazionale nella produzione di bresaole. Risale a metà novembre la notizia della scarcerazione di Piero Pini, 67 anni, fondatore e patron dell’azienda, finito in manette in Ungheria a marzo con l’accusa di frode fiscale per presunte fatture false emesse dalla Hungary Meat Ltd, una delle più grandi società di carne del Paese magiaro, controllata dal Gruppo Pini …

Al rilascio non sarebbero estranee le pressioni di circoli diplomatici italiani”.Poco dopo la scarcerazione del Piero il suo posto veniva preso dal figlio Marcello, arrestato per aver cercato di corrompere i testimoni nell’inchiesta che riguardava il padre.

Fin qui si tratta di una normale storia di ordinarie abitudini truffaldine di lor signori.

La situazione cambia a fine aprile 2020, in Spagna:Il primo maggio scrive il quotidiano “Público”: “Oltre mille infetti dalla catena di contagio creata da macellai del Piemonte nel macello di Binéfar” (N.B.: i Pini sono valtellinesi, quindi lombardi). Il gruppo italiano inseguito dai tribunali in Ungheria e Polonia per le loro attività criminali ha nascosto alla Guardia Civil che metteva a rischio la vita del personale e costringeva i malati a lavorare” .

“Da oltre un mese i mercati asiatici ricevono carne di maiale congelata proveniente da questo megamacello dove circa un quarto dei lavoratori (300 persone) sono infette da coronavirus. Il megamacello di Binéfar (Huesca) funziona dall’estate scorsa. Appartiene al gruppo Pini, accusato dalla giustizia ungherese e polacca, tra altre attività illegali, di brutalità, incluso fisica, contro il loro personale; di contrattazione di lavoratori immigranti privi di documenti; di frodi al fisco. Tutte e ognuna di queste attività mafiose di Piero Pini e famiglia sono state ampiamente documentate da questo giornale in diversi servizi”.

A marzo, mentre tutta la Spagna si rinchiudeva in casa, i responsabili della filiale spagnola dei Pini, “Litera Meat”, non adottavano alcuna norma di sicurezza lasciando i lavoratori privi di qualsiasi protezione anche quando esisteva l’assoluta certezza che le dimensioni del contagio erano significative.

Dai test medici realizzati in seguito a denunce sindacali, ci sono almeno 400 malati divisi a metà tra la “Litera Meat” e l’altro macello della zona, “Fribin”. Secondo il sindacato, nel caso degli italiani bisogna aggiungere ai 200 malati i numerosi impiegati contagiati prima che si scatenasse l’allarme sociale, i licenziati per non presentarsi a lavorare a causa della malattia e gli asintomatici.

Secondo la Confederazione Nazionale del Lavoro (CNT), i malati confermati dai test sarebbero solo la punta dell’iceberg poiché non sono stati controllati né i familiari né le persone con cui sono entrati in contatto nelle ultime settimane.

I contagiati dalla catena infettiva generata dai Pini sarebbero almeno 1.000 e la pandemia sarebbe stata diffusa nelle diverse cittadine dove vive la maggior parte dei lavoratori. Stando ai numeri, i due macelli hanno creato il maggiore focolaio di COVID-19 comparso in Spagna.

Gregory Orozco, impiegato colombiano della fabbrica, racconta: “Il 20 marzo, quando sono stati confermati i tre primi casi, la direzione aziendale ci ha ordinato di mantenere il silenzio e di mettere dei cartelloni nella sala mensa garantendo che lo stabilimento era libero di Covid-19.

Il 24 marzo è arrivata la Guardia Civile. Io sono stato costretto a mentire assicurando che erano state messe in atto tutte le misure di protezione. Bisognava mantenere la produzione ad ogni costo. Era destinata, oltre ad alcune catene spagnole, a rifornire i mercati delle Filippine, della Cina e della Romania”.

Per ora è escluso che il contagio massiccio tra i lavoratori e la mancanza di rispetto delle norme igieniche nelle procedure di produzione siano stati trasmessi ai prodotti, ma non ci sono certezze al riguardo.

Come avveniva negli stabilimenti Pini in Ungheria e Polonia, alla “Litera Meat” le irregolarità e brutalità contro il personale precedono la comparsa del virus.

Continua il racconto di Gregory Orozco: “Il 3 aprile, venerdì, sono tornato a casa con male agli occhi, diarrea ed altri sintomi. Il 6 i medici mi hanno confermato che avevo il COVID-19 e che ce l’avevano pure mia moglie, un mio nipote ed i miei tre figli. Apparentemente ristabilito, il 21 sono tornato al lavoro dove mi è stato comunicato di essere stato licenziato per avermi preso delle vacanze non autorizzate. Avevano ricevuto il certificato medico ma, secondo loro, i portatori del virus, anche se molto malati, dovevano continuare a lavorare”.

A lor signori è stato permesso di fare ciò che volevano, in pratica di sfruttare senza ritegno i lavoratori. Conclude il giornale citando fonti sindacali: “Di fatto, proprio perché in buona parte erano immigrati, a nessuno interessava ciò che avveniva all’interno fin quando la malattia ha creato un problema di salute pubblica tra i bianchi”.

Alla vigilia della fine del confinamento è buono rincuorarsi ripetendo: “Siamo tutti sulla stessa barca e bisogna fidarsi del generoso senso comune degli imprenditori padani”.

Cantava nel 1992 il catalano Joan Manuel Serrat:

“Nada tienes que temer, al mal tiempo buena cara, la Constitución te ampara, la justicia te defiende, la policía te guarda, el sindicato te apoya, el sistema te respalda y los pajaritos cantan y las nubes se levantan. Cruza los dedos, toca madera. No pases por debajo de esa escalera. Y evita el trece y al gato negro. No te levantes con el pie izquierdo. Y métete en el bolsillo, envuelta en tu carta astral, una pata de conejo por si se quiebra un espejo o se derrama la sal. Y vigila el horóscopo y el biorritmo. Ni se te ocurra vestirte de amarillo. Y si a pesar de todo la vida te cuelga el «no hay billetes» recuerda que pisar mierda trae buena suerte”

Toca madera”, albo “Utopía”

Nulla devi temere, fai buon viso al cattivo gioco, la Costituzione ti protegge, la giustizia ti difende, la polizia ti salva, il sindacato ti appoggia, il sistema ti spalleggia e gli uccellini cantano e le nubi si disperdono.Incrocia le dita, tocca ferro. Non passare sotto quella scala. Evita il tredici e il gatto nero. Non scendere dal letto dal lato sinistro. E mettiti in tasca, avvolta nella tua carta astrale, un piede di coniglio, caso mai si spaccasi uno specchio o si rovesciasse il sale. E controlla l’oroscopo e il bioritmo. Che non ti venga in mente vestirti di lilla. Ma, se nonostante tutto la vita ti appende il “non ci sono piccioli”, ricorda che calpestare la merda porta fortuna).

Rodrigo Andrea Rivas

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