Un affare certo, equo, sostenibile e di grande avvenire

Un affare certo, equo, sostenibile e di grande avvenire

Sulla luna, per piacere/non mandate un generale:
ne farebbe una caserma/con la tromba e il caporale.
Non mandateci un banchiere/sul satellite d’argento,
o lo mette in cassaforte/per mostrarlo a pagamento.
Non mandateci un ministro/col suo seguito di uscieri:
empirebbe di scartoffie/i lunatici crateri.

Gianni Rodari, “Sulla luna”, “Filastrocche in cielo e in terra” (Einaudi, 1960)

Considerando:

  • la nostra sintonia col “governo del cambia-mento”, in particolare col suo molto onorevole ministro degli interni;
  • che, Maroni dixit, non è sempre semplice cacciare via velocemente migliaia di emigrati (?).

Vi sottopongo un’idea redditizia, sostenibile, equa e popolare (in quanto rispondente ad esigenze radicate e diffuse), capace di creare occupazione più e meglio di un job acts (non è difficile) e di ridare ossigeno al nostro beneamato PIL.

Proposta:

Indire un crowdfunding (“raccolta di fondi” per i pochi ignoranti e per gli ostinati che insistono a parlare italiano), avente lo scopo di per mettere in piedi un impianto industriale destinato alla produzione di filo di ferro in tre versioni: liscia, spinata e Ferrarelle (liscia ma con puntine acuminate qua e là per fare pendant).

Business plan:

Mercato attuale:

  • confini tra i Paesi dell’area Schengen e Paesi terzi = 7.721 km.
  • Caratteristiche dei muri in costruzione e/o già conclusi: altezza di almeno 5 metri (ad esempio in Macedonia ma anche al confine tra gli Stati Uniti e il Messico)
  • superficie complessiva da coprire: 7.721 x 5 = 39.605 km.

Al business primario vanno aggiunti i pali, naturalmente di ferro per salvaguardare l’ambiente.
Se prevediamo uno ogni 10 metri: 7.721 x 100 = 7.721.000 pali di ferro, lunghi 6 metri l’uno.
Ciò potrebbe permettere una santa alleanza coi settori più moderni dell’industria dell’acciaio e/o un credibile piano di salvataggio per l’ILVA di Taranto.

Mercato futuribile a breve scadenza. Presupposti: dal 10 marzo 2016 è ragionevole pensare di aggiungere 2 mercati addizionali.

Come tutti sapranno, infatti, a Tirana celebrano ancora il 10 marzo come una sorta di seconda indipendenza. Per i pochi che in Italia potrebbero non ricordarne le ragioni, rammento che quel giorno l’intelligentone (noto agli intimi anche come il ministro Alfano), ci ha messo prima i piedi e poi ha comunicato – urbi et orbi –: il nostro governo – di centrosinistra, off course – metterà in piedi un progetto per contenere il possibile spostamento dei profughi verso l’Albania e, quindi, verso l’Italia.
Sarebbe irragionevole supporre che il Governo del cambia-mento faccia di meno.
Da ciò derivano altri due mercati supplementari da concretizzare a breve scadenza.

Il primo è quello dei Paesi non inclusi nell’area Schengen. Per ora non possiamo ancora calcolarne le dimensioni. Sarebbero comunque ingenti, e anzi, potrebbero diventare persino globali.

Il secondo neomercato si lega alla patriottica decisione di proteggere ad ogni costo le coste da scafisti, vice scafisti e anime in transito.

Per ora, poiché essendo uomini pratici bisogna andare sui numeri certi, limitiamoci a calcolare i confini marittimi tra i Paesi Shengen e Paesi terzi: 42.675 km.

Sempre considerando un’altezza media dei muri di 5 metri, si tratta di 213.375 km. di fil di ferro addizionali.
Sommandoli ai confini di terra fanno 253.981 km. Per ora.

Se avete qualche difficoltà a percepire di cosa si tratta, considerate che:

  • la distanza lunare (la distanza della Luna alla Terra) è, in media, uguale a 384.403 km;
  • la distanza tra Roma e Kabul è uguale a 4.929 km;
  • la distanza tra Roma e Lagos è uguale ai 4.836 km;
  • la superficie di un campo di calcio è uguale a 5.000 metri quadrati.

Significa, quindi, che per ora, ma solo per ora, non potremmo arrivare fino alla luna.

Ma significa pure che il nostro filo spinato potrebbe disporsi in oltre 51 file, ordinatamente ed esteticamente disposte le une accanto alle altre, tra Roma e Kabul.

Tuttavia, coprire la distanza lunare non appare come una utopia. Se si considera che questa moda, tecnologicamente ed ecologicamente avanzata, è destinata a diffondersi velocemente (pensate a Donald Trump e al muro tra gli USA ed il Messico), quantomeno un onesto lavoro e una felice prosperità sarebbero garantiti per molti anni ai partecipanti.

Tasso di ricambio del fil di ferro: si può supporre che sarà molto veloce poiché sia i profughi che i soldati (per motivi diversi) sono molto poco educati.
È ragionevole supporre che costringeranno gli esercenti a ripetuti riposizionamenti dei materiali.

Materie prime necessarie: ferro e carbone.

Il ferro è tra i minerali più diffusi al mondo.

Il carbone potrebbe permetterci di rimettere al lavoro il Sulcis, con forti risparmi per l’erario e molti nuovi posti di lavoro in Sardegna.

Da non trascurare: oltre al possibile aumento della produzione ed esportazione di mirto, ciò potrebbe tradursi in una bella alleanza con importanti settori sindacali.

Localizzazione dell’impianto: Come Moratti ed altri petrolieri insegnano, la Sardegna offre grandi vantaggi comparativi. Ecco il primo mattone per un progetto di sviluppo del Mezzogiorno.

Manodopera e investimenti industriali:

investimenti di capitale molto ridotti (veicoli, altoforno e poco più), e molta manodopera non specializzata, meglio ancora se giovanile (sgobba meglio e accampa meno pretese).

Ricadute virtuose ipotizzabili della filiera: si prevedono ricadute dirette su almeno tre comparti industriali di primaria importanza:

la difesa. Una prima lista include scudi, bastoni, idranti, armi corte ecc.
il metalmeccanico e il trasporto (di gru, scavatrici, camion ecc.)
la logistica e, futuristicamente, la robotica.

Impatto ambientale: minimo, stante il carattere ferraiolo dei pali. Neppure il governatore Emiliano dovrebbe avere qualcosa da ridire.

Capitale umano: indubbio arricchimento esperienziale per i giovani, indubbio ripasso per molti anziani sull’uso della pala, del manganello, delle pistole (con ricadute positive nelle valli bresciane) e degli idranti.

Accrescimento culturale per tutti data la grande possibilità di acquisire nuove usi e conoscenze linguistiche.

Altre ricadute positive: Tra le molteplici subito ipotizzabili, c’è quella di creare un’area editoriale legata alla produzione di dizionari specializzati per trasmettere le necessarie informazioni ai richiedenti aiuto (come dire vaffanculo in tigrino o in swahili, ad esempio).

Tra l’altro, ciò permetterebbe di cooptare i meno energumeni tra gli energumeni in arrivo, naturalmente dopo avere verificato che siano di religione cristiana.

In aggiunta, potrebbe anche avere uno spazio importante la ricerca medica.

Potrebbe spaziare dai banali screening su malattie diffuse e/o da inoculare sperimentalmente per vedere l’effetto che fa (ci si risparmierebbe il viaggio fino all’Africa che attualmente molti farmaci sono costretti a fare per sperimentare molti protocolli), ai trapianti di organi dei quali abbiamo sempre bisogno come accade ad ogni popolazione anziana.

Gli interessati a collaborare nel crowdfunding dedicato possono contattarci direttamente tramite il blog.

N.B.: Sono pregati di non rispondere gli scansafatiche, i cuori da nonna, i perennemente indecisi e/o illusi, gli amanti del ritmo e, più in generali, i bipedi e quadrupedi pensanti.

Poiché ogni giorno mi auto percepisco come più sinceramente democratico, non mi piace un divieto secco a chicchessia. Perciò, a mo’ di consolazione per cotante inguaribili malattie, dedico loro queste incomprensibili righe del Rodari:

“Io vorrei che nella Luna, ci si andasse in bicicletta, per vedere se anche lassù, chi va piano non va in fretta” (“Io vorrei”, di “Filastrocche in cielo e in terra”).

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Rodrigo Andrea Rivas

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