La modernità è le morti sul lavoro
Il presidente Matarella ha appena sentenziato: “Le morti sul lavoro sono inaccettabili in un paese moderno”.
Visto che in Italia, ogni giorno, ci sono più morti sul lavoro, se le parole del capo dello Stato hanno un senso, se ne dovrebbe dedurre che l’Italia non sia un paese moderno.
Ma, forse, la domanda giusta è un’altra: “Cosa intende il presidente Matarella per modernità?”
Chiarisco: lo chiedo per un mio conoscente, un malcapitato secondo il quale qualcuno arriva persino a sostenere che sia proprio la modernità, il neoliberismo selvaggio – la cui sola regola è il massimo profitto nel minor tempo possibile – la causa del moltiplicarsi delle morti sul lavoro.
Non è successo per cattiveria.
È successo perché hanno dovuto eliminare spese innecessarie.
Ad esempio, quelle derivate dal rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro che, ahimè, aumentando i costi, feriscono la modernità stessa.
Mi sono detto che se dovessi accettare questo (s)ragionamento, dovrei modificare, la sentenza presidenziale in “le morti sul lavoro sono un prezzo da pagare per essere un paese veramente moderno”.
Ma, mi sono anche detto, essendo Pinco Pallo, essendo uomo ed essendo cristiano, che non cadrò mai così in basso.
Il problema, secondo questo mio conoscente, è che la chiusura dei manicomi ha messo in libertà diversi qualcuno in grado di concepire questi spropositi.
Ha aggunto: “per fortuna, sono poco contagiosi. Per ora”.
Il guaio, avrebbero detto Caetano Veloso, Franco Basaglia e Giorgio Gaber, è che “da vicino, nessuno è normale”.