Colombia, appunti di campagna

Colombia, appunti di campagna

1.- Il conto matematico è facile: più 1,5% per tutte le destre.
Ma, attenzione: il passaggio di voti non è automatico.

2.- Più importante ancora: si è astenuto il 45% degli elettori. Quello, molto più dei voti presi da qualche candidato minore è il vero serbatoio da cui attingere per il 19 giugno.

3.- Grosso modo, la situazione ricorda quella del Cile dove, si ricorderà, Boric e la sua equipe hanno saputo lavorare con gli astenuti. E, infatti, hanno vinto.

4.- Si osserva che, a differenza del Cile, Petro non deve affrontare un candidato apertamente nazista ma un candidato populista.
La verità è che il termine populista non significa nulla.
In origine, quando è nato nell’America Latina, indicava il rapporto diretto che veniva a stabilirsi tra un leader carismatico e una massa elettorale poco politicizzata, spesso rurale.
Ora, in Italia ad esempio va da B a S passando per i pentastellati. E cioè, significa nulla salvo – forse – un profondo disgusto verso la classe politica, ovvero verso una casta che detiene il potere politico oltre ogni possibile rappresentanza teorica.

5.- In Colombia Hernández sarebbe populista perché è formalmente contro la casta uribista.
Ma è anche ammiratore dichiarato di Hitler!
È populista perché non argomenta ma gruffola via tiktok.
Ma, se questo è il metro, da queste parti quasi tutta la classe politica sarebbe populista. E invece no. Fratelli d’italia non lo è.
È populista perché invece di affrontare i problemi risponde con slogan.
Come a dire, la crisi (permanente da oltre 50 anni) costringe il governo ad occuparsi della popolazione in difficoltà (permanente).
Ma su salari e pensioni non dice una parola!
Vale per Hernández, anche

6.- Diciamolo chiaramente: Hernández, che non è affatto uno sconosciuto e sembra corrotto quanto “il celeste lombardo”, rappresenta in questa congiuntura l’insieme della destra colombiana, dal matarife Uribe ai paramilitari di Mancuso, dai narcos ai generali ed ufficiali dei “falsi positivi”. Un suo governo sarebbe solo “más de lo mismo”, più dello stesso, ovvero continuità del narcostato e dei massacri.La continuità, condita con le relative salse locali, non è solo un problema della Colombia, ovviamente.

7.- Dopo quasi 80 anni di guerra civile e di massacro continuo ed organizzato di ogni forma di dissidenza, è ragionevole pensare che si possa mobilitare una parte dei 19 milioni di astenuti del primo turno?
Penso di sì. E non credo sia una tesi illuminista e/o ingenua.

8.- Ergo, penso che sia in Colombia sia qui è il momento di aumentare gli sforzi per aumentare i consensi per Gustavo Petro e Francia Márquez.
Ci si può arruolare tra gli osservatori, manifestare dovunque, scrivere ad amici colombiani, denunciare il regime, cercare di rompere il cerchio informativo

9.- Insomma, bisogna partire dal fatto che in Colombia il 19 giugno si può e si deve vincere.
Penso che crederlo non significhi “cretinismo parlamentare” ma banale assunzione delle proprie idee democratiche e di un minimo di coscienza internazionalista.

10.- detto altrimenti, in Colombia, e non solo, bisogna darsi da fare” per trasformare la decenza in costume’.
In Colombia ciò è possibile, più che altrove, ora.

Rodrigo Andrea Rivas

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *