Elezioni 2022 – Il giorno in cui la Colombia potrebbe perdere lo status di confederazione di piantagioni e raffinerie per trasformarsi in un Paese

Elezioni 2022 – Il giorno in cui la Colombia potrebbe perdere lo status di confederazione di piantagioni e raffinerie per trasformarsi in un Paese

Priorità alla cronaca: Oggi, 29 maggio 2022, poco più di 39 milioni di colombiani eleggeranno il nuovo presidente che governerà i prossimi 4 anni in un clima di profonda polarizzazione sociale figlia dell’iniquità, della povertà, dell’insicurezza nelle città e della violenza nelle campagne.

Gustavo Petro, del “Pacto Histórico Colombia puede” (Patto storico Colombia può), è in corsa per la terza volta, ma questa potrebbe essere quella buona.

L’ex guerrigliero e attuale senatore ha come rivali Federico Fico Gutiérrez e Rodolfo Hernández.

Il “Pacto Histórico” è un fronte ampio di partiti ed organizzazioni sociali e comunitarie, tra cui “Colombia Humana” (il partito di Petro), la “Unione Patriottica – Partito Comunista”, il “Polo Democratico Alternativo” (dell’attivista sociale, femminista ed ecologista afrodiscendente Francia Màrquez, che accompagna Petro come numero due), il “Movimento Alternativo Indigena e Sociale ed il “Partito del Lavoro della Colombia”.

Secondo le inchieste, nessun candidato dovrebbe superare il 50% dei voti, per cui i primi due dovrebbero andare a ballottaggio il 19 giugno.

La quarta economia dell’America Latina (dopo Brasile, Messico e Argentina), deve riordinare le sue finanze, ridurre la povertà e la disoccupazione e combattere la violenza associata al conflitto interno.

Almeno 1.327 leader sociali e comunitari sono stati assassinati dopo firma degli accordi di pace con le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) nel novembre 2016.

Tra le principali proposte di Petro, un’ambiziosa riforma fiscale progressiva che si propone raccogliere 13,5 miliardi di dollari da destinare alla spesa sociale.

Ciò è necessario perché la Colombia è tra i Paesi più diseguali del continente più diseguale al mondo.

Con 21 milioni di poveri, l’oligarchia – meno del 2% della popolazione – possiede oltre la metà delle terre.

I contadini, asfissiati dalle politiche neoliberiste e dal libero commercio, devono ricorrere alle coltivazioni di coca controllate da gruppi armati.

Questa disuguaglianza riguardo il possesso delle terre è la ragione principale del conflitto armato che dura da più di 70 anni.

La destra bara sempre e dovunque, ma in Colombia esagera.

Il capo del blocco della destra, Álvaro Uribe, aveva promesso agli USA di “trasformare il paese nella Israele latinoamericana”. Durante le sue presidenze (2002-2010) ha installato cinque basi militari e ha trasformato la Colombia in un narco-Stato, vincolando le strutture di governo al paramilitarismo e alle droghe, e moltiplicando stragi e omicidi. Emulando le capacità innovative dei generali argentini coi desaparecidos, ha innovato anche in questo, coniando i “falsi positivi”: contadini, poveri e leader sociali assassinati dall’esercito e presentati come guerriglieri in cambio di un compenso in denaro e promozioni di carriera.

L’UE e l’ONU hanno spedito delegazioni per vigilare il processo elettorale. Conviene farlo perché, limitandoci all’ultimo esempio, nelle elezioni legislative di marzo de 2022 si sono verificati quattro comportamenti diffusi fin dall’assassinato di Jorge Eliàecer Gaitán (1948): furto di seggi al Patto Storico, corruzione (“borse di acquisto voti”), interruzione degli scrutini con minacce e violenze paramilitari, omicidi dei leader sociali, ambientalisti e politici, nonché di ex guerriglieri smobilitati in seguito agli accordi di pace del 2016.

I dirigenti della sinistra sono costretti a girare sotto protezione e molti comizi si sono dovuti sospendere, anche in queste elezioni.

Gustavo Petro è stato guerrigliero nelle file del M-19, “Movimento 19 aprile”, fino alla fine degli Anni ’80, quando il M-19 è stato sciolto. Era entrato nella guerriglia a 18 anni, in un’epoca in cui la destra assassinava senza ritegno i militanti della sinistra e rubava le elezioni come prassi. Poi è stato sindaco di Bogotà fino al 2013.

Gustavo Petro rappresenta molto di più di una forza politica. Alle sue spalle c’è la forza del “estallido social (rivolta popolare) dell’aprile 2021, noto come il “Paro Nacional” (Sciopero nazionale) – che scoppiò per una riforma tributaria che, com’è accaduto in Cile con l’aumento del biglietto della metro – rendeva plastica l’idea di consunzione di un regime.

La rivolta popolare ha lasciato, specie a Cali e Bogotà, decine di morti, centinaia di feriti, migliaia di carcerati. Se ne parlò poco perché, secondo la famosa accezione di Franklin Delano Roosevelt sulla dinastia Somoza in Nicaragua, pur se la Colombia è governata da figli di puttana, questi sono i nostri figli di puttana. Conseguentemente, proprio alla vigilia delle elezioni, Joe Biden e Iván Duque hanno firmato un accordo militare.

D’altronde, fin dall’invasione irachena soldati colombiani hanno preso parte a tutte le avventure imperiali.

Per vincere al primo turno, Gustavo Petro e Francia Márquez avrebbero bisogno del 51% dei voti. Non è facile, ma Petro è riuscito nei due compiti necessari ad un fronte ampio che vuole essere agente di trasformazione: una leadership forte e alla mano ed un modello di Paese in cui le maggioranze – i più umili ed i ceti medi – intravvedano la possibilità di migliorare la propria situazione materiale in un Paese più decente.

A destra, il ‘Fico’ Gutiérrez – una caricatura dell’uribismo – e Rodolfo Hernández, il “Trump creolo” – un gaffeur pieno di sé che esprime compiutamente il classismo dei ricchi colombiani, rappresentano la stessa cosa: ’immobilismo.

Se Petro vince, non verrà smentito il Gabo, secondo il quale “in Colombia, la differenza tra conservatori e liberali è che i primi vanno a messa alle 8 ed i secondi vanno a mezzogiorno”, ma si potrà cominciare a trasformare le piantagioni e le raffinerie in un Paese.

Rodrigo Andrea Rivas

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