Il tempo delle Grandi Dimissioni e il fantasma de la libertà
1) Scriveva Paul Lafargue nel 1880: “Una strana follia possiede le classi operaie delle nazioni in cui regna la civiltà capitalista. È una follia che porta con sé miserie individuali e sociali che da due secoli torturano la triste umanità. Questa follia è l’amore per il lavoro, la passione mortale per il lavoro, spinta fino all’esaurimento delle forze vitali dell’individuo e della sua progenie” (“Il diritto all’ozio”).
Nel 2021 un altro fantasma inizia a percorrere il mondo: il diniego di milioni di lavoratori a continuare a lavorare nelle condizioni a cui erano sottomessi prima del confinamento.
2) Negli USA, ai primi d’ottobre 2021, il rapporto del Ministero del Lavoro segnala che 4,3 milioni di persone hanno rinunciato al proprio lavoro ad agosto. Ci sono 10 milioni di posti di lavoro non occupati malgrado ci siano quasi 8,5 milioni di persone disoccupate.
Nei 38 Stati dell’OCSE – il club dei ricchi – il numero di persone occupate prima del confinamento è diminuito di 20 milioni. 14 milioni non sono più popolazione attiva non avendo né cercando lavoro. Riguardo al 2019, i giovani senza lavoro, educazione o formazione, sono aumentati di 3 milioni.
Accadde lo stesso in Cina, in Vietnam e in altri Paesi asiatici perché milioni di persone, tornate nei loro villaggi, non sono tornate al lavoro.
In Europa, le notizie sulla “scarsità” di lavoratori in molti settori è pane quotidiano.
In Germania ci sono 400.000 posti di lavoro vacanti, in Francia 300.000, in Spagna 120.000, in Italia non si sa perché ci occupiamo solo di green pass.
3) Le cause di questo fenomeno in via di globalizzazione sono diverse e non tutte sono riconosciute perché farlo presupporrebbe mettere in discussione tutto quanto è avvenuto sui mercati del lavoro e nell’economia negli ultimi 50 anni.
Naturalmente, chi si autoinganna può credere che il problema sia la non corrispondenza temporale tra offerta e domanda di lavoro. Ma ciò non spiega le dimensioni del problema.
4 Il neoliberismo ha generalizzato i salari più bassi argomentando che ciò era imprescindibile per creare posti di lavoro.
Diminuendo la massa salariale ha diminuito le vendite e generato minore attività e minore occupazione, creando un esercito di disoccupati che ha permesso che i salari non migliorassero e le condizioni di lavoro peggiorassero in continuazione in beneficio delle grandi aziende.
5) Nei 50 anni del neoliberismo si sono generalizzate condizioni di lavoro estenuanti che hanno indotto ansietà, stress, esaurimento, paura, frustrazione e un aumento della rinuncia alla vita familiare, al rapporto coi figli e al benessere nel senso più ampio.
E’ avvenuto particolarmente in alcuni gruppi sociali e tra le donne.
Segnala un rapporto del settembre 2021 della McKinsey & Co: “Negli Stati Uniti, una donna su quattro pensa di cambiare lavoro o di smettere l’attività lavorativa a causa del Covid-19. “Women in the Workplace 2021 è il maggiore studio sullo stato delle donne in America. Basato su dati di 423 aziende che occupano 12 milioni di persone”.
6) Fino all’avvento del neoliberismo nei primi anni ‘70 del XX secolo, esisteva un’alta rotazione dei posti di lavoro. Si poteva cambiare lavoro avendo la certezza che se ne sarebbe trovato un altro in condizioni più meno simili.
In seguito, i lavoratori hanno perso la possibilità di cambiare lavoro perché le possibilità di trovare qualcosa di meglio erano diventate scarse. Coi sindacati indeboliti, le trattative collettive in discussione, la diminuzione dello Stato sociale e, soprattutto, la presenza di quel esercito di milioni di persone che avevano bisogno di lavoro a qualsiasi condizione, si è affermato un modello in cui si accettava ciò che l’azienda offriva o si perdeva il posto di lavoro.
Con centinaia di persone in fila davanti ai cancelli disponibili ad accettare qualsiasi condizione di lavoro è arrivato l’atto di nascita dei falsi lavoratori autonomi, dei milioni di partite IVA, dei contratti senza orari determinati, delle ore di straordinario non pagate, della non osservanza generalizzata della legislazione sul lavoro.
7) Il confinamento ha trasformato, o è in via di trasformare, questa situazione: “Siamo cambiati. Il lavoro è cambiato. La forma in cui pensiamo il tempo e lo spazio (…) Le inchieste realizzate in molti Paesi dimostrano con chiarezza che la pandemia ha aperto gli occhi a milioni di lavoratori in tutto il mondo che ora respingono la situazione di lavoro precedente e mettono in discussione la loro vita e, in particolare, le loro condizioni di lavoro” (Tsedal Neeley, “Remote Work Revolution: Succeeding From Anywhere”, Harvard, aprile 2021).
Nelle marche e contee più remote, le aziende con maggiore potere sui mercati hanno invece accolto la pandemia come un’opportunità addizionale per intensificare le giornate di lavoro e diminuire i salari.
Infatti, il salario medio ha avuto un calo senza precedenti, particolarmente in Italia, il solo Paese europeo dove i salari siano inferiori a quelli del 1990.
8) Nel migliore dei casi, è un eccesso d’ingenuità credere che ci sia una scarsità di posti di lavoro.
Scrive l’ex ministro del lavoro di Bill Clinton: “Non c’è scarsità di lavoro ma di salari dignitosi. Scarseggia la cura dei bambini. Scarseggiano le licenze pagate per malattia e le cure mediche (Robert Reich, “The Guardian”, 13 ottobre 2021).
Reich parla degli Stati Uniti. E’ vero che in altri Paesi, ad esempio in Italia, il fenomeno non ha ancora raggiunto le stesse dimensioni né obbedisce automaticamente alle stesse cause. Ad esempio, laddove Reich dice scarsità di licenze pagate per malattia o scarsità di cure mediche, possiamo scrivere giornate interminabili, salari miserabili e mancanza di stimoli ed autonomia personale.
9) Ma la cosa più importante è che, per la prima volta da mezzo secolo, i lavoratori di tutto il mondo cominciano ad accorgersi del loro potere nei confronti di una classe imprenditoriale che ha voluto impossessarsi di tutto pur al costo di distruggere l’economia.
Ancora Reich: “Si potrebbe affermare che i lavoratori hanno dichiarato uno sciopero generale nazionale non ufficiale fin quando otterranno migliori salari e condizioni di lavoro”.
10) In teoria, la sola soluzione sarebbe la trattativa.
In Italia, quindi, se non si vuole portare l’economia-mondo ad una nuova crisi di dimensioni e gravità senza precedenti, la Confindustria ed il governo di quasi tutti (!) dovrebbero accettare il riequilibrio dei rapporti riconoscendo diritti, salari e condizioni di lavoro dignitose ai lavoratori.
Dubito che avvenga: i padroni si sono talmente abituati a guadagnare facilmente, che difficilmente rinunceranno a uno qualsiasi tra i loro privilegi.
11) L’estrema destra trova consensi tra le classi popolari, dagli Stati Uniti al Brasile, dalla Germania all’Italia, perché la sinistra li ha abbandonate, perché partiti e sindacati di sinistra si sono talmente indeboliti da diventare pressoché inesistenti, perché una memoria e una cultura dell’azione collettiva, dell’organizzazione e della solidarietà hanno smesso di esistere.
La sinistra incarnava un’idea di emancipazione collettiva, l’estrema destra propone la ricerca di un capro espiatorio. Il nostro problema è inventare una nuova idea di futuro senza e contro il capitalismo.
La strada sarà lunga e il processo non sarà né cumulativo né lineare. Non è un male perché “quando ti metterai in viaggio per Itaca, devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze … Itaca ti ha dato il bel viaggio, senza di lei mai ti saresti messo sulla strada: che cos’altro ti aspetti?” (Costantino Kavafis, “Itaca”).
12) “Se ognuno degli strumenti potesse realizzare da sé stesso il suo lavoro, quando riceve ordini o le prevede; e se come raccontano delle statue di Dedalo o dei tripodi di Efeso, dei quali dice il poeta «entravano da soli nell’assemblea degli dei», se gli aghi tessessero da soli e i plettri suonassero la cetra, i servi non avrebbero alcun bisogno dei maestri d’opera, né i proprietari di schiavi” (Aristotele, “Politica” Libro VII).
“Il sogno di Aristotele è la nostra realtà (…) Il socialismo e il comunismo dovrebbero garantire, anzitutto, il diritto all’ozio (…) Il capitalismo ci ha portato una società nella quale è diventata realtà, per la prima volta nella storia, il miracolo di Aristotele; tuttavia, l’immenso potenziale di ozio liberato non ha liberato l’umanità per nulla dei carichi del lavoro e non le ha concesso nemmeno nessun diritto all’ozio. Anzi, mai si è lavorato tanto e ad un ritmo così suicida come da quando gli aghi hanno iniziato a tessere da soli. Lavoriamo, in realtà, in una economia molto primitiva, nella quale lo sforzo per sopravvivere sopprime la possibilità di vivere (…)
Una società che spende tutte le sue energie per riprodursi in modo allargato all’infinito è una società tanto primitiva (da un punto di vista antropologico) come una società che spende tutte le sue energie nella pura sussistenza. La rivoluzione neolitica ha permesso al essere umano di trascendere il puro ciclo della sopravvivenza biologica. Il capitalismo, paradossalmente, ha mobilitato l’infinita potenza di tre rivoluzioni industriali, saccheggiando tutte le risorse del pianeta, per far tornare l’essere umano alla preistoria” (Paul Lafargue, “op. cit.”).
“Il regno della libertà comincia solo là dove cessa il lavoro determinato dalla necessità e dall’adeguamento a fini esterni. Oltre il regno della necessità inizia lo sviluppo delle forze umane, considerato come un fine a se stesso, il vero regno della libertà che, tuttavia, può fiorire solo su quel regno che trova come sua base la necessità. La riduzione della giornata di lavoro è la condizione basica” (Karl Marx, “Il capitale”, Libro III, Capitolo XLVIII).