Pedro Castillo, Garabombo e la ribellione contro la storia e la mafia
“Una terra recuperata senza lotta è come un figlio nato senza sangue”
Manuel Scorza, “Storia di Garabombo, l’invisibile”
1.- Garabombo era un comunero dotato da un potere eccezionale: rendersi invisibile in presenza delle autorità. Protetto da questa invisibilità si cimentava in prodezze diventate leggendarie: entrare nelle caserme, ascoltare e anticipare i piani delle autorità, sbaragliare i progetti dei soldati …
Non lo vedeva nemmeno tutta la popolazione. Garabombo era visto soltanto da coloro che parlavano ma rimanevano inascoltati.
Restava invisibile per coloro che preferivano restare sottomessi.
Quando si diffuse la notizia che chiunque si fosse ribellato al latifondismo sarebbe diventato, come Garabombo, invisibile, ebbe inizio la più grandiosa invasione di terre alla quale il Perù abbia mai assistito.
2.- In Perù, il conteggio dei voti si è concluso la sera di giovedì 10 giugno.
Pedro Castillo ha ottenuto il 50,2% dei suffragi, la mafiosa neoliberista, Keiko Fujimori, il 49,8%.
La differenza supera di poco i 70mila voti ma ciò non è inusuale nel Perù.
Ad esempio, nelle elezioni presidenziali del 2016, la vittoria di Pedro Pablo Kuczynski su Keiko Fujimori è stata ancora più ridotta: 41.438 voti.
3.- La fine del conteggio non ha concluso il processo elettorale, poiché la candidata mafiosa ha chiesto l’annullamento di circa 200mila voti.
Secondo il presidente della commissione elettorale (“Jurado Nacional de Elecciones”), ci vorranno almeno 12 giorni per rispondere a questa richiesta.
Il nuovo governo dovrebbe entrare comunque in funzioni il prossimo 28 luglio.
4.- Sempre il 12 giugno, il pubblico ministero responsabile dell’inchiesta contro la Fujimori per lavaggio di denaro, ha chiesto la sua carcerazione per non avere rispettato le norme che ne avevano permesso la liberazione un anno e mezzo fa.
Il PM ne chiede 30 anni di carcere per il lavaggio di milioni di dollari in bustarelle provenienti soprattutto dall’azienda brasiliana Odebrecht.
5.- L’illusione incarnata da Garabombo ha vinto contro la paura mettendo in moto una storica rivincita popolare piena di incognite e con poche certezze. Colma di speranze, si fa strada per la prima volta un’alternativa di potere che arriva dal Perù profondo, dal mondo andino-amazzonico storicamente marginalizzato e disprezzato.
E’ un terremoto politico e simbolico-culturale di grande impatto regionale.
6.- L’inattesa irruzione del fenomeno Castillo deriva dalla decomposizione del sistema politico peruviano, e cioè da una crisi istituzionale segnata dalla corruzione endemica, dalla sfiducia verso la classe politica e dalle profonde ferite sociali ed economiche prodotte da 30 anni di neoliberismo e 15 mesi di pandemia. Castillo ha saputo connettersi all’astio generalizzato.
Ma emerge anche da una polarizzazione storica: fin dalla sua conformazione come Stato, il Perù è affetto da una fessura geografica e di classe tradotta in una scollatura strutturale tra la élite della costa e le popolazioni andine e amazzoniche, tra il potere metropolitano di Lima e l’impoverito universo contadino-indigeno delle terre interne.
7.- La proposta di governo di Castillo include una serie di trasformazioni strutturali
- convocazione di un’Assemblea Costituente per pensionare la Carta Magna fujimorista (1993), vera camicia di forza della democrazia peruviana;
- “una seconda riforma agraria”;
- la nazionalizzazione delle risorse strategiche;
- l’aumento della spesa pubblica destinata all’educazione e alla sanità dal 3 al 10% del PIL.
A questo accentuato riformismo politico-economico si contrappone un altrettanto accentuato conservatorismo riguardo i diritti civili. Ad esempio, l’opposizione alla parificazione dei matrimoni e all’aborto, simboli del conservatorismo religioso molto radicato nella società peruviana nonché in molte settori della sinistra latinoamericana (e non solo).
8.- Il nuovo tempo in fase di apertura è pieno di interrogativi sulla più che fragile governabilità del paese.
Castillo eredita il paese con più morti per Covid per milione di abitanti ed un’economia devastata dominata dalla informalità del lavoro, che coinvolge oltre il 70% dei lavoratori.
Parte quindi in salita, con l’arbitro contro e lo establishment che cerca di destabilizzarlo fin dalla campagna elettorale (terrorismo finanziario, crollo della borsa, svalutazione in rapporto al dollaro).
La stampa cannibale ha fatto e continuerà a fare il suo lavoro
Nel Parlamento il suo partito, Perú Libre, avrà solo 37 seggi su 130, il che non è indifferente se si considera che gli ultimi cinque presidenti eletti sono stati destituiti e messi in galera (o espatriati, negli USA, per fuggirne).
Non è difficile per il parlamento destituire un presidente. Può, ad esempio, ricorrere ad una figura legale non definita, “l’incapacità morale”, invocata pochi mesi fa per destituire Martín Vizcarra. Non richiede di alcuna argomentazione e basta disporre dei voti necessari.
9.- Cosa rappresenterà Castillo nello scenario regionale al di la dell’inevitabile ma non esauriente confronto con Evo Morales dovuto alla simbiosi tra origine umile, identità etnica e discorso di sinistra?
Probabilmente la sua prima decisione sarà togliere il Perù dal moribondo “Gruppo di Lima”, l’associazione di chierichetti del Trumpo che porta il nome della capitale peruviana e attende solo una piccola spallata per scendere nell’inferno. Il resto si vedrà cammin facendo.
Si può prevedere che il sistema cercherà di divorarlo offrendogli un’autostrada a destra.
Se non abboccherà e cercherà di rifondare effettivamente il Perù ribellandosi alla sua rotta pluricentenaria, assisteremo ad un processo di costruzione di futuro che, parafrasando Mariátegui, no sarà “calco né coppia ma creazione eroica”.
Quindi, un processo dello sbocco incerto.
10.- La vittoria di Pedro Castillo è la vittoria del Perù emarginato, dei più poveri, dei nessuno e dei considerati nessuno, dell’interno del paese sulla “Lima che tiene anima di tradizione”, del mondo rurale andino disprezzato, della volontà di cambiare una realtà segnata da terribili disuguaglianze.
Sarebbe più che sufficiente per esserne felici.
Ma il nostro Garabombo è anche di più: la sua vittoria è il trionfo sulla paura che ha cercato d’imporre la destra con sua la massiccia campagna contro “la dittatura comunista personificata da Castillo”.
11.- La prima vittima della campagna del terrore saranno, come sempre, i suoi inventori.
La schizofrenia, una malattia che impedisce distinguere tra la finzione e la realtà, va presa sul serio perché comporta gravi patimenti e insopportabili allucinazioni a chi la patisce.
Il marchese spagnolo Vargas Llosa, già veemente sinistroso peruviano andino nella sua vita precedente, ha scritto il 5 giugno sul madrileno “El País”:
“Perù: Bersaglio favorito a immediata scadenza per l’asse cubano, venezuelano e nicaragüense. Se Pedro Castillo vince le elezioni, il marxismo-leninismo-mariateguismo (…) sarebbe la dittatura più feroce e sanguinosa tra tutte quelle che il paese ha conosciuto lungo la sua storia.
Suicidio politico che chiuderebbe per sempre, o per molto tempo, la possibilità che il paese possa ricuperare la sua vecchia storia, quella che nel passato preispanico lo fece testa di un impero che dava da mangiare a tutto il mondo, o nei 300 anni coloniali, il vicereame più prospero d’America. Tutto ciò per diventare un agente al servizio di Cuba e di Venezuela”.
Va da sé: i terrorizzati assumono spesso comportamenti terroristici.
Non mi riferisco ovviamente al marchese.
Le guerre, anche le più brigantesche, non sono mai combattute da coloro che le concepiscono e/o le organizzano.
12.- Chiudo con Eduardo Galeano. Perché va sempre bene e perché quest’anno abbiamo celebrato il 50° anniversario del suo celeberrimo “Le vene aperte dell’America Latina”:
“Quando George W. Bush propose di distruggere i boschi per farla finita con gli incendi forestali, non venne capito. Il presidente sembrava un po’ più incoerente del solito, ma lui si stava mostrando fedele alle sue idee.
Sono i suoi sacrosanti rimedi: per combattere il mal di testa bisogna decapitare il sofferente; per salvare il popolo dell’Iraq, andiamo a bombardarlo fino a farne un purè.
Il mondo è un grande paradosso che gira nell’universo. Di questo passo, di qui a poco, i proprietari del pianeta proibiranno la fame e la sete, affinché non manchino pane e acqua.”
(“Il pianeta dei paradossi”, 2002).