Nasrin Sotoudeh e l’Inquisizione iraniana
Nasrin Sotoudeh, in un cartello nel centro di Parigi. | REUTERS
“«Se non fossi una strega direi che la
situazione sembra stregata» si lamentava Ecate in occasione di un recente
incontro al vertice avvenuto nella villa sul Mediterraneo.
«Ci logoriamo di lavoro per far sì che gli uomini siano convinti che esiste
una unica visione della realtà, cioè la propria;
li suggestioniamo fino a persuaderli di sapere con assoluta certezza
cosa c’è nella testa degli altri, in modo che ogni verifica appaia inutile.
Eppure c’è sempre qualcuno che esce dai ranghi e rovina tutto»”
Paul
Watzlawick[1]
Il vocalista dei “Queen”, Freddie Mercury, era un noto seguace dello zoroastrismo, per secoli la religione dominante in quasi tutta l’Asia centrale, dal Pakistan all’Arabia Saudita, fino alla nascita e diffusione della religione islamica nel VII secolo. Tra le più antiche religioni viventi è la più importante e nota dell’Iran antico o preislamico. Prende il nome dal fondatore Zoroastro (Zarathustra), vissuto in Persia probabilmente tra il X ed il VII-VI secolo a.C., e ha avuto ampia influenza su diverse altre religioni, tra cui il giudaismo e il Cristianesimo.
Riprendendo la tradizione indo-iranica del viaggio dei morti, Zarathustra insiste sull’importanza del giudizio, a cui ogni individuo sarà sottoposto dopo la morte. Il tribunale incaricato di giudicare è formato da tre Spiriti Santi, Mithra, Sraosha e Rashnu, che emettono il verdetto dopo aver pesato peccati e opere buone nella bilancia della giustizia. Se il giudizio è positivo, l’anima attraverserà il ponte Cinvat e sarà ammessa in paradiso (“Casa del Canto”); in caso contrario, il ponte si stringerà fino a farla precipitare nell’inferno (“Casa del Male”). Se i piatti della bilancia sono in equilibrio, finirà nell’istmo.
Ancora prima, il culto dei morti egiziano comprendeva una sorta di giudizio delle anime legata al censo, visto che per garantirsi una buona vita dopo la morte terrena era necessario disporre del necessario per vivere, e per questo nelle tombe venivano lasciati abiti, alimenti, anfore e altri oggetti utili alla sopravvivenza nell’aldilà, ma sono proprio Mithra, Sraosha e Rashnu che costituiscono il primo tribunale dell’inquisizione collettivo e applicabile a tutti. In questo senso, si può dire che lo zoroastrismo abbia avuto il dubbio privilegio di rappresentare la prima invenzione del potere rivolta a costringere l’insieme della popolazione, terrorizzata dalla morte, all’obbedienza, dalla nascita fino all’ultimo respiro.
Migliaia di anni dopo, l’avvocatessa Nasrin Sotoudeh, Premio Sakharov per la pace nel 2012, è comparsa davanti ad un tribunale formato da soli uomini. A giudicarli dalle loro opere, questi autoproclamati “Guardiani degli editti di Dio” sono una sorta di zombi rimasti operativi fin dal primo Medioevo. Il guaio è che hanno l’autorità per condannare i sudditi, individualmente o come gregge, a sentenze come lapidazione, occhio per occhio (in senso letterale), frustate e impiccagioni in piazza.
A scatenare la punizione sono una lunga serie di “reati gravi”: pensare, mettere in discussione le autorità, ragionare, amare, ballare, cantare, viaggiare, essere comunista, essere sindacalista, essere femminista, essere monarchico, essere liberale, essere massone, essere ateo, essere baha-i, essere buddista, essere sufi, eretico, apostata, opporsi alla tortura e alla pena di morte, scegliere un colore diverso di quello imposto dal Santo Ufficio per le cerimonie comandate…
Poiché i guardiani degli editti di Dio sono medioevali ma tecnologici, la TV trasmette l’Atto di fede degli accusati. Quando gli accusati sono importanti, in diretta. È successo proprio così con Nasrin Sotoudeh, e la ponderata sentenza è stata: “Riceverà 148 frustate e non vedrà la luce del sole per almeno 3 decenni”.
Metà della flagellazione (secondo il manuale dei pii aguzzini la terza frustata ben data toglie via la pelle), è dovuta all’essere comparsa senza velo in un video che aveva inviato all’organizzazione di Bolzano “Human Rights International”, in occasione di un premio per i diritti umani assegnatole nel 2008. L’altra metà per “diffondere la prostituzione”, avendo assunto la difesa di una tra le ragazze arrestate per partecipare alla campagna contro l’uso obbligatorio del velo nel 2018.
Nel dettaglio, la somma delle condanne è la seguente: 7 anni e sei mesi per l’intenzione di commettere un crimine contro la sicurezza nazionale Art. 610 del Codice Penale Islamico; 1 anno e sei mesi per propaganda contro il sistema di leggi Art. 500; 7 anni e sei mesi per aver preso parte ad un gruppo illegale Art. 499; 12 anni per deviazione morale e istigazione alla prostituzione Art. 639; 2 anni per la violazione dell’ordine pubblico Art. 618; 3 anni e 74 frustate per aver pubblicato falsità e aver disturbato il sistema pubblico Art. 698; 74 frustate per essere apparsa senza velo in presenza del Pubblico Ministero Art. 748; inoltre ci sono altri 5 anni per un precedente verdetto”.
La punizione serve, anche, perché suocera intenda: poiché Nasrin Sotoudeh non appartiene ad alcuna organizzazione “antisistema”, ha lavorato con l’organizzazione Melli-Mazhabi (Patriota-religiosa), perfettamente autorizzata, sono tutte avvisate dalle conseguenze di codesti reati.
I peccati dell’avvocatessa, estremamente gravi, non vanno taciuti. In una repubblica islamica fondata sulla discriminazione dei cittadini in base al sesso, alla fede, alla religione, all’appartenenza etnica, ha avuto l’ardire di rappresentare davanti ai tribunali le cause dei cittadini di fede baha-i (una riforma dell’Islam sciita), delle donne maltrattate, tra cui molte vittime di attacchi con acido, e di minorenni condannate a morte.
La criminalizzazione per atti sessuali tra persone dello stesso sesso è condannata con la pena di morte in almeno 12 Paesi membri dell’Onu, tutti a maggioranza musulmana, dove è prevista dalla legge ordinaria o applicata in base alla legge della sharia, che in alcuni casi funge da codice penale: Afghanistan, Arabia Saudita, Brunei, Iran, Iraq, Mauritania, Nigeria, Pakistan, Qatar, Somalia, Sudan e Yemen. Negli Emirati Arabi Uniti, avvocati e altri esperti non concordano sul fatto se la legge federale preveda la pena di morte per il sesso consensuale tra omosessuali o solo per stupro.
In sette Paesi gli omosessuali sono condannati a morte per lapidazione. Quattro si trovano in Asia (Brunei, Iran, Arabia Saudita e Yemen) e tre in Africa (Nigeria, Sudan e Somalia). La lapidazione è un’opzione possibile per legge anche in Mauritania, Emirati Arabi, Qatar, Afghanistan e Pakistan[2].
Dal 3 aprile 2019, nel Brunei la punizione per il primo furto consiste nel taglio della mano destra, per il secondo del piede[3].
Nasrin Sotoudeh è già stata in prigione tra il 2010 e il 2013 per “propaganda contro lo Stato” e “riunione e complotto a finalità terroristiche”. Condannata a sei anni, è stata liberata con altri prigionieri politici il 18 settembre 2013, alla vigilia del viaggio del presidente Ali Rhoani all’Assemblea Generale dell’ONU, grazie alle pressioni internazionali.
È stata nuovamente arrestata nel 2016 “colpevole di partecipare a gruppi che mettono in discussione la sicurezza del Paese”. Faceva, infatti, parte di un’associazione che chiede di sopprimere gradualmente la pena di morte e di dichiarare illegale la sua applicazione a minorenni.
Liberata nel 2017, è tornata in prigione nel giugno 2018 e condannata a cinque anni per gli stessi reati. Da allora è richiusa nel carcere di Evin, il carcere più tenebroso dell’Iran, un buco nero a nordovest di Teheran[4].
Dalla sua cella, questa infaticabile difensora dei diritti umani ha comunicato che non farà ricorso contro la nuova sentenza poiché ha smesso di credere nella giustizia del sistema giudiziario iraniano e non vuole mettere in pericolo nessun altro avvocato per la sua difesa.
Nel 2018, dopo che erano stati arrestati 7 avvocati che difendevano i prigionieri politici per complicità, una nuova legge impedisce agli accusati per ragioni politiche di scegliersi un avvocato al di fuori dei 20 scelti dal Tribunale, un ufficio del Ministero dell’Intelligence (o spionaggio).
Nasrin Sotoudeh non è la sola donna in queste condizioni ma è la sola su cui si moltiplicano le condanne. Maryam Bahreman, ad esempio, è stata 55 giorni in regime d’isolamento carcerario nel 1955 “per agire contro la sicurezza nazionale”. La colpa, avere aderito al “Comitato per 1 milione di firme” che voleva modificare lo status di sottogenere delle donne nelle leggi islamiche della RI. Ingegnere elettrica, è stata arrestata all’aeroporto con altre tre attiviste mentre dovevano prendere un aereo per partecipare ad un incontro internazionale in India sull’impatto della tecnologia nella vita quotidiana delle donne. È stata liberata dopo una cauzione di 250.000 dollari.
La storia delle avvocatesse iraniane è lunga e interessante. La prima è stata la comunista Jadiché Keshavarz, nel 1934. Poi è arrivata Mehranguiz Manuchehrián (1906-2000), fondatrice della Lega delle donne giuriste dell’Iran, premiata dal Centro mondiale degli avvocati per la pace nel 1968, eletta nel 1969 presidentessa della Federazione Internazionale delle donne avvocato. Nel 1981 è stata costretta ad abbandonare la professione dopo che la teocrazia islamica le tolse l’autorizzazione all’esercizio della professione.
Ancora oggi il 41% degli avvocati iraniani sono donne. Nasrin Sotoudeh è una tra le giuriste progressiste che hanno contribuito a sensibilizzare la popolazione sulla necessita di rispettare lo Stato di diritto.
Il totalitarismo religioso che ha sostituito nel 1979 la dittatura semilaica dello Scià Reza Pahlevi ha eliminato le conquiste ottenute dal movimento femminista in un secolo di lotte. Perciò, alle antiche rivendicazioni, “libertà, giustizia sociale e uguaglianza” in Iran sono state aggiunte altre: “separazione tra la religione ed il potere”, “no allo status di sotto genere della donna stabilito con leggi medioevali”, “no alla diminuzione dell’età matrimoniale da 16 a 8 anni”, “no alla poligamia”, “no all’obbligo di vestiti specifici”, “no all’apartheid dei sessi” che vieta legalmente alle donne di occupare determinati incarichi o di entrare negli stadi, ad esempio.
Il tentativo di giustificare la teocrazia con la storiella del “femminismo islamico” pare ormai superato e molte donne iraniane, tra cui Shirin Ebadi (avvocatessa e pacifista iraniana premiata il 10 dicembre 2003 con il premio Nobel per la pace, prima persona del suo Paese e prima donna musulmana a ottenere tale riconoscimento[5]) o Soutudeh ne hanno preso le distanze e chiedono l’abolizione di alcune leggi islamiche come, ad esempio, la legge che impedisce alla madre di avere la custodia dei suoi figli, o quella che autorizza ogni tipo di abuso sessuale, anche sulle bambine sotto i 13 anni, dai loro “mariti”. Infatti, come già accennato, tra le colpe di Nasrin Sotoudeh c’è proprio quella di avere difeso nel 2006 diverse donne integranti il Comitato della “Campagna del Milione di firme per la deroga delle leggi discriminatorie”, in galera per “opporsi alle leggi dell’Islam”.
Nasrin Sotoudeh ha una figlia di 12 anni, Mahraveh e un figlio di 6 anni, Nima. Colpevoli di essere figli, è stato loro vietato di lasciare l’Iran. Mahraveh dovrà comparire davanti ai tribunali islamici, probabilmente per sospetta complicità. Lo scopo, provocarne il cedimento, fisico e morale.
Non è particolarmente significativo ma, avendo l’Iran firmato la Convenzione sui diritti dei bambini, ciò è apertamente illegale, come dimostra la lettera aperta del Collegio degli Avvocati dell’Iran in appoggio a Nasrin Sotoudeh esigendo il rispetto delle leggi e dei diritti dei cittadini.
Racconta Reza Kandhan, il marito di Nasrin: “Possiamo vederla una volta a settimana per 40 minuti. Una settimana possiamo parlare con lei in una cabina, attraverso un vetro e un telefono, le conversazioni ovviamente sono ascoltate dalle autorità e il tempo passa velocemente e non possiamo parlare di tutto. La settimana successiva invece, possiamo vederci di persona”[6].
Eppure, Friedrich Nietzsche ci aveva avvertito: “Diffidate di tutti coloro nei quali è forte l’istinto di punire!”[7]
R. A. Rivas
5 aprile 2019
[1] Paul Watzlawick, citato da Patrizia de Mennato, “La ricerca «partigiana». Teoria di ricerca educativa”, CUEM, Milano 1994.
[2] “Brunei, lapidazione per gay e adulteri”, “quotidiano.net”, 3 aprile 2019, https://www.quotidiano.net/esteri/brunei-lapidazione-1.4523788
[3] “Brunei, lapidazione per gay e adulteri e taglio di mano e piede per i ladri: le pene previste dal nuovo codice penale”, “Il fatto quotidiano.it”, 28 marzo 2019 https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/03/28/brunei-lapidazione-per-gay-e-adulteri-e-taglio-di-mano-e-piede-per-i-ladri-introdotta-la-sharia/5068513/
[4] Shirin Ebadi, “Finché non saremo liberi. IRAN la mia lotta per i diritti umani”, Bompiani Milano,2016.
[5] Friedrich Nietzsche, Also sprach Zarathustra. Ein Buch für Alle und Keinen, composto in quattro parti fra l’agosto 1881 e il maggio 1885. Tr. it. “Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno”, Adelphi, Milano 2015.
[6] “Nasrin Sotoudeh, il marito a il fatto.it: «Sa di avere subito un torto ingiusto e disumano. Non sarà rilasciata a breve»” https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/03/27/nasrin-sotoudeh-il-marito-a-ilfattoquotidiano-it-sa-di-aver-subito-un-torto-disumano-non-sara-rilasciata-a-breve/5066178/
[7] Friedrich Nietzsche, “Also sprach Zarathustra. Ein Buch für Alle und Keinen”, composto in quattro parti fra l’agosto 1881 e il maggio 1885. Tr. it. “Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno”. Esistono decine di traduzioni. Tra le più recenti, Adelphi, Milano 2015.