Bollettino del fronte polacco.

Bollettino del fronte polacco.

Quinto rapporto

Oblivion

…non a caso, qui sul fronte polacco non sono ammesse le ONG, i giornalisti, le telecamere…

L’8 marzo 2019, un gruppo di analisti militari statunitensi osservava dalla base Al Udeid, nel Qatar, il mercato di un povero paese siriano. La folla era composta quasi completamente da bambini e donne. Nulla da segnalare fin quando un F15E lanciava una bomba di 220 chili proprio sulla folla. 12 minuti dopo, mentre i sopravvissuti strisciavano cercando di scappare, l’F15E ripassava lanciando altre 2 bombe, ciascuna con una tonnellata di esplosivi.

Nel Qatar, a 1.870 chilometri, qualcuno chiese da chi era partito l’ordine. 

Il 9 marzo 2019, furono ritrovati nell’area un centinaio di cadaveri di donne e bambini fatti a pezzi.

L’organizzazione per i diritti umani Raqqa Is Being Slaughtered ne pubblicò qualche foto.

Il 12 marzo 2019 le prime immagini satellitari mostrarono che, nell’area dove fino a pochi giorni prima c’era un modesto quartiere sulla riva dell’Eufrate, non c’era più nulla. La pretesa di spiegazioni fu respinta con sdegno dalla Forza Aerea degli Stati Uniti che controllava l’area.

“Dedicarsi alla carriera criminale è pericoloso. Bisogna stare attenti a non uccidere nessuno. Si comincia assassinando ma poi, da degrado in degrado, si finisce per rubare la merenda ad un anziano”

Thomas de Quincey, “L’assassinio come una delle belle arti”, 1827

Al bombardamento aveva provveduto la “Task Force 9”, un gruppo speciale operante in Siria. L’ha reso noto un avvocato dell’Aviazione, il tenente colonnello Dean W. Korsak, facendo arrivare ad un comitato del Senato statunitense i filmati del Qatar e la copia delle misure ordinate per coprire l’azione.

A quel punto “The New York Times” (NYT) conduceva un’inchiesta che spediva al comando della Forza Aerea prima di pubblicarla.

La U. S. Air Force confermava i fatti: “Sono stati attacchi indispensabili”.

Il 13 novembre 2019 il  NYT pubblicava la sua inchiesta sul bombardamento di Baghuz con una nota della CIA: “Sappiamo che i nostri bombardamenti potrebbero uccidere molte persone”.

E sempre a proposito di tromboni, il Trumpo affermava: “La guerra aerea contro la Siria è stata la campagna di bombardamento più precisa e umana della storia”.

Poi, sul massacro calava l’oblio, com’è calato su molti altri massacri commessi dalle forze democratiche e civilizzatrici.

Succede persino quando i massacri sono stati riconosciuti, com’è successo con i 10 civili, di cui 7 bambini, uccisi il 10 agosto 2021 a Kabul.

Di solito i massacri non sono riconosciuti ma, in un primo momento, le forze della civiltà pensavano che questa fosse stata una felice e ben riuscita operazione contro un gruppo di terroristi. Quando le riprese mostrarono la composizione del gruppo – dove predominavano gli alieni bassi – era troppo tardi per poter rinculare. 

Nel solo 2019, un migliaio di attacchi ha colpito obiettivi in Siria e Iraq. Sono state usate 4.729 bombe. Secondo l’esercito statunitense sono morti 22 civili.

In Siria, in 5 anni sono stati riconosciuti ufficialmente 35.000 bombardamenti.

Hanno ridotto in macerie diverse città siriane tra cui Raqqa, capoluogo del governatorato omonimo.

Hanno provocato migliaia di morti tra i civili secondo tutte le organizzazioni per i diritti umani.

Nei rapporti ufficiali, sia civili che militari, se ne trovano solo tracce indirette.

Ad esempio: “Gli USA e la NATO hanno ucciso oltre 10.000 civili durante l’intervento in Afghanistan. L’amministrazione statunitense ha pagato tra 1.000 e 5.000 dollari come «compensazioni» ai familiari delle loro vittime mortali. 2.985 dollari di media per indennizzo.

Un portavoce del Pentagono ha spiegato che a decidere sul pagamento di «compensazioni» sono i comandanti dell’esercito in terreno, «che si trovano nella migliore posizione per giudicare gli incidenti»” (Danilo Albin, “Público”, Madrid 20 agosto 2021).

Va da sé: la stampa di prima non ha sentito parlare del tema. In Italia è un precetto biblico.

A Baghuz si è combattuta una delle ultime battaglie contro l’ISIS, gruppo nato dal caos promosso da Washington nel Medio Oriente in seguito all’invasione dell’Iraq nel 2003.

Si ricorderà che la guerra è stata lanciata dal “Duo dinamico Bush-Blair” incastrando un rosario di bugie per formare il racconto “Pistole fumanti” (ora “Errori dell’intelligence”).

Gli orrori di questi errori provocarono oltre un milione di morti.

“All’epoca non era necessario che la popolazione tedesca sostenesse di avere ignorato l’esistenza dei campi. «Ma andiamo» dicevamo. «Sapevano tutto!» Avevamo ragione, sapevano tutto, e soltanto oggi siamo in grado di comprenderlo: perché anche noi sappiamo tutto. (…) Oseremo ancora assolverci?”

Jean-Paul Sartre “Vous etes formidables”, 1957

Con l’Iraq, lo sviluppo del “giornalismo embedded”, assoldato, si è fatto incontenibile.

Ma, come abbiamo visto, ogni tanto compare qualche eccezione.

Il 22 agosto 2008 i civilizzatori bombardarono Azizabad, nell’Afghanistan.

Il rapporto dell’esercito statunitense affermava: “È andato tutto bene, il villaggio ci ha ricevuto con una standing ovation, è morto un leader talebano, i danni collaterali sono stati minimi”.

La TV britannica Channel 4 affermava che l’attacco era avvenuto in seguito a false informazioni ricavate in un paese vicino per dispute tra le due comunità.

Forse per evitare successive testimonianze, il sindaco del paese calunniatore è stato condannato a morte “per avere fornito false informazioni”.

L’8 settembre 2008 un video preso da un telefonino mostrava oltre 40 persone ammazzate. L’esercito annunciava l’apertura di un’inchiesta.

Nel maggio 2009 rendeva noto il bilancio definitivo: nell’operazione sono morti 22 talebani e 33 civili definiti “danni collaterali”.

Il 30 dicembre 2019, dalla Virginia il giornale “USA Today” rivelava una storia ben diversa: il villaggio li aveva ricevuti con lanci di pietre, erano morte decine di persone, tra cui 60 bambini, dei talebani non si era visto nemmeno l’ombra, il sindaco del paese calunniatore gode di ottima salute (Brett Murphy, “Inside the U.S. military’s raid against its own security guards that left dozens of Afghan children dead”).

Sono certo che i colpevoli di tanta barbarie non saranno mai condannati da nessun tribunale.

Sono sicuro che nessuno conosce e nessuno mai conoscerà i loro nomi (ufficialmente).

Ne derivo una regola aurea: “Non si deve documentare nulla”.

Non a caso, qui sul fronte polacco non sono ammesse le ONG (alcune sono pericolose quanto un cobra), i giornalisti (meglio prevenire che curare), le telecamere (la privacy è sacra).

Così, per ora si vedono, ma solo da lontano, soltanto cappottini nostri, gruppi di alieni, tanto filo spinato, qualche blindatino e tanti spruzzi d’acqua.

L’anonimato serve a garantirci che, tra poco, torneremo a casa, magari conciati con delle belle medagliette di astruso significato.

Ci accoglieranno con le feste e ringraziamenti dovuti a chi ha salvato l’umanità, la democrazia e la libertà dalla minaccia aliena interessata a prendersi i nostri telefonini.

Ben so che gli alieni non muoiono come noi, umani, perché non vivono come noi, umani.

Aiutato dai mojitos con ghiaccio naturale e vodka, ho capito quanto scrisse John Le Carré a proposito dell’avventura Bush-Blairiana (“Confesiones de un terrorista”, “El País”, Madrid 2003):

Ma, vinceremo babbo?”
”Certo che sì, figliolo. E tutto sarà terminato mentre sarai ancora a letto.”
”Perché?”
”Perché se no, gli elettori del signor Bush diventeranno molto impazienti e dopo tutto potrebbero decidere di non tornare a votarlo.”
”E uccideranno molta gente, babbo?”
”Nessuno che tu conosca, tesoro. Solo stranieri.”

Rodrigo Andrea Rivas

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