La Memoria

La memoria non ha confini né limitazioni salvo quelle derivate dall’ingiuria degli anni.
Amarcord, me recuerdo, mi ricordo, je me souviens, I remember…

Ogni ricordo è un mondo dal quale derivano tanti altri mondi.
Tutti s’incrociano, si presuppongono, si toccano.
Penso che sceglierli per discriminare tra di loro non abbia senso. I miei ricordi sono tutti miei, da cima a capo.
Presumo sia così per tutti, anche quando il ricordo non si lega ad un vissuto ma “solo” ai ricordi creati dalla cultura, dalla storia dalle amicizie, dall’empatia.

Tuttava, sebbene esistono diversi tipi di memoria, penso che quelle che non dipendono solo da abitudini e da stimoli pubblicistici siano sempre di meno.
Bisogna tenerlo presente se non si vuole trasformare la memoria in un album di fotografie.
D’altronde, se così non fosse non esisterebbero l’attrazione per il fascismo e l’odio come base della propria autoaffermazione.

Invece, il Dio ariano continua a rivelarsi presente e forte.
Verifico che non si rivela solo nelle grandi scelte ma si annida in tante piccole cose quotidiane.

Non c’è antidoto.
Antoine de Saint Exupery diceva di essere stato inconsciamente razzista finché la sua ignoranza gliel’aveva permesso.
Quindi, conoscere gli altri è essenziale.

Ma nemmeno questo basta perché pur se l’ignoranza pullula tra i fascisti, non è vero che tutti i fascisti sono ignoranti.
Certo, lo sono sempre i loro capi. Forse perché solo così possono sopravvivere al senso del ridicolo.

Godere per la sofferenza degli altri, riuscire ad avere orgasmi solo picchiando qualche malcapitato, deportare, gassare, buttare giù dagli aerei i colpevoli di sognare, capestare chiunque ti capiti davanti magari perché pettinato in modo inusuale, odiare ogni diverso ed ogni diversità, da Santiago ad Istanbul, da Fiume a Samarcanda, da Roma a Buenos Aires, da Salem ad Algeri … L’orrore, l’orrore”, scrisse Conrad descrivendo la discesa sul fiume Congo.

“Todo esta guardando en la memoria”, canta León.
Si. Tutto è messo da parte nella memoria.
Memoria come grande biblioteca da spolverare per trasformarla in percutore, in carretta, in aratro, in martello, nel nome di Birkenau, di Auschwitz, della Colonia Libertad e di Giacarta, del vento e della vita.

Scimmiottando una donna polacca, ebrea e comunista, mi piace dire che così come siamo stati, noi siamo. E che, mi auguro, noi saremmo.

Rodrigo Andrea Rivas

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