L’Università della Florida accusa Marx dell’invasione dell’Ucraina
La cancel culture segna un nuovo passo con la decisione di cancellare il filosofo dall’Università perché accusato di connivenza con Putin. Ora a rischio anche Gesù Cristo.
Il 7 marzo 2022, l’Università pubblica della Florida ha ribattezzato la “Sala di studio Karl Marx” come “Sala 299”.
In un comunicato ufficiale, ha dichiarato che il cambiamento del nome obbedisce al conflitto in corso tra Russia y Ucraina.
Sono state ipotizzate altre ragioni plausibili:
La prima deriva dall’anagrafe: Marx è nato in Prussia, e si deve convenire che Prussia somiglia più a Russia che a Germania.
La seconda è che la Russia oligarchica di Putin sia certamente marxista in quanto parte della ex Unione Sovietica. Si potrebbe aggiungere che buona parte della sinistra sembra coincidere con questo giudizio.
Ma la ragione adottata dall’Assemblea legislativa dello Stato della Florida è ben precisa: “Il marxismo è responsabile della morte di milioni di persone, morte come conseguenza diretta delle idee di Karl Marx”.
Che Marx sia direttamente responsabile della morte milioni di persone avvenuta sotto i governi comunisti è un’idea discutibile. Ma non sono interessato ora a questo dibattito.
Spero invece che a nessuno venga in mente di responsabilizzare Gesù dei morti provocati dai secoli di guerre provocate e combattute dal cristianesimo e dai cristiani. Certamente, affermazione non discutibile, sono assai più numerose delle vittime del comunismo.
E mi auguro che nella loro profonda e autonoma capacità riflessiva il Parlamento italiano e/o il governo dei fenomeni non decidano di responsabilizzare il pastore protestante Adam Smith per i milioni di morti provocati dal capitalismo, anche questi assai più numerosi di quelli provocati dal comunismo.
So che in quest’ultimo caso non mancherebbero i motivi d’attualità. Ad esempio, secondo la FAO, tra il 2019 (prima della pandemia) e il 2020, le persone affamate nel mondo sono passate da 650 a 811 milioni.
Forse la logica floridiana imporrebbe di vietare gli studi sul COVID, ma la stessa FAO chiarisce che il problema non è la mancanza di cibo, ancora sufficiente per tutti.
Forse per pudore, i rapporti ufficiali lasciano alla libera interpretazione dei lettori le cause dell’aumento della fame.
Ma, leggendo le loro statistiche e resoconti ufficiali, la conclusione è lapalissiana: gli affamati sono un sottoprodotto delle matematiche. Detto diversamente, derivano dalla moltiplicazione dei disoccupati e dalla divisione delle remunerazioni.
Nel suo “A tale of two cities” (“Racconto tra due città”), trattando della Rivoluzione francese Charles Dickens esordisce:
“Era il tempo migliore e il tempo peggiore, la stagione della saggezza e la stagione della follia, l’epoca della fede e l’epoca dell’incredulità, il periodo della luce e il periodo delle tenebre, la primavera della speranza e l’inverno della disperazione. Avevamo tutto dinanzi a noi, non avevamo nulla dinanzi a noi; eravamo tutti diretti al cielo, eravamo tutti diretti a quell’altra parte. A farla breve, gli anni erano così simili ai nostri, che alcuni i quali li conoscevano profondamente sostenevano che, in bene o in male, se ne potesse parlare soltanto al superlativo. Un re dalla grossa mandibola e una regina dall’aspetto volgare sedevano sul trono d’Inghilterra; un re dalla grossa mandibola e una regina dal leggiadro volto, sul trono di Francia”.
Malgrado sia tuttora tra i libri più venduti della storia, presumo che le autorità accademiche della Florida non l’abbiano mai letto, e cioè lo ignorino.
Mi auguro che lo stesso avvenga da queste parti.
Me lo auguro perché diversamente, essendo le condizioni sociali e le disuguaglianze molto simili e statisticamente confrontabili con quelle del 1789 francese, per quieto vivere non ci resterebbe che auspicarci che il senatore Pillon ed i suoi numerosi fratelli convochino al più presto una nuova crociata destinata ad abolire Dickens, i giacobini, Rousseau, l’Enciclopedie, il francese ed i pantaloni alla zuava.
Molti ignorano che esistono molti studi sull’ignoranza. Quindi ignorano che nella loro stragrande maggioranza si tratta di studi statunitensi, “buoni”, “credibili”, “nostri”, “democratici”.
E ovviamente ignorano che questi studi ci insegnano che esistono diverse forme di ignoranza.
Ci sono cose che riconosciamo di conoscere (known knowns). Come a dire, “mia madre si chiamava Elena”, “sono ragazzi”, “la lotta per la dignità, sotto forme diverse, attraversa tutta la storia dell’umanità”. Ci sono cose che riconosciamo di non conoscere (unknown knowns). Come a dire, “non so nulla di chimica organica”, “nessuno nasce imparato”, “nessuno è onnisciente”.E ci sono cose che non sappiamo di non conoscere (unknown unknowns).
La categoria più pericolosa è indubbiamente la terza, e cioè l’ignoranza della propria ignoranza.
A volte questa ignoranza è volontaria e non di rado involontariamente comica: “Non m’interessa nulla dell’informatica”, “Di Socrate me ne faccio un baffo”, “A me interessano solo gli schéi”, “Essendo accecati dall’invidia, non riconoscono il merito: Lapo Elkann è un genio” …
Altre volte l’ignoranza è un manufatto degli apparati ideologici: “L’olio di ricino fa bene alla salute”, “I treni arrivavano in orario”, “L’India è la più grande democrazia del mondo”, “Facciamo un gran servizio alla conoscenza con le nostre maratone televisive quotidiane”, “da noi i giornalisti non finiscono mai in prigione”.
Per completezza bisogna riconoscere che alcuni fuoriclasse miscelano ignoranza e ideologia. Ad esempio, secondo il senatore Simone Pillon, un progetto promosso dalla biblioteca civica e finanziato dal Comune di Brescia sulle fiabe ed i racconti del mondo è un insegnamento di stregoneria.
Riconosco la mia ignoranza in psicologia clinica.