In ricordo di Patrice Lumumba
Patrice Émery Lumumba (Onalua, 2 luglio 1925 – Katanga, 17 gennaio 1961)
Ottobre 2019: del COVID 19 nessuno aveva sentito ancora parlare ma, a Washington, la Banca Mondiale (BM) si beava della diminuzione della povertà (grazie alla Cina):
“Se le circostanze non cambiano, il tasso di povertà globale diminuirà al 23% nel 2030 (…) La povertà mondiale diventerà sempre più africana, dal 55% del 2015 al 90% del 2030”.
Nel 2015 solo il 55% dei poveri del mondo vivevano in Africa. Nel 2030 ne vivrà il 90%!
Per la BM un grande risultato.
A me pare un film satanico nella cui locandina campeggia il nome del villano principale: BM.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, i Paesi europei erano distrutti ed indebitati. Strade, ponti, porti, sistemi elettrici, campagne e produzione di cibo …, tutto ciò che era stato costruito grazie allo sfruttamento interno e al sovra-sfruttamento delle colonie, era a pezzi.
Da questo punto di vista non è strano che nelle colonie s’intensificassero il lavoro coatto, l’occupazione d’intere popolazioni manu militare e il saccheggio delle materie prime.
Poiché i colonialisti avevano molti bisogni e pochi soldi, in loro soccorso arrivò la BM concedendo ingenti prestiti a Belgio, Francia e Inghilterra. Mai soddisfatti, la trimurti fece presente al vampiro che “il fardello dell’uomo bianco” li costringeva ad aiutare le loro colonie.
Quindi, i prestiti vennero concessi formalmente alle colonie.
I prestiti concessi al Belgio sarebbero stati pagati dalla Repubblica Democratica del Congo, dal Ruanda e dal Burundi.
Quelli francesi sarebbero stati pagati da Algeria, Gabon, Mauritania, Senegal, Mali, Guinea-Conakry, Costa d’Avorio, Niger, Burkina Faso e Benin.
Quelli inglesi da Kenia, Uganda, Tanzania, Zimbabwe, Zambia, Nigeria e Guyana Inglese (America del Sud).
L’aumento brutale del tasso di sfruttamento provocava nelle colonie una serie di scioperi, insurrezioni e scontri armati fiche le lotte anticoloniali portavano alla decolonizzazione.
Nel Congo belga, il debito estero aumentava fortemente per i presti concessi dalla BM al Belgio, ai quali si aggiunsero altri prestiti specifici come quelli destinati a riattivare la miniera di uranio Shinkolobwe.
Per costruire la prima bomba atomica, gli USA avevano acquistato 1.200 tonnellate di uranio dalla compagnia belga Union Minière de Haut Katanga, proprietaria della miniera Shinkolobwe nel Congo. Nel secondo dopoguerra, gli USA continuarono a rinforzare i loro programmi nucleari. L’uranio migliore era quello del Congo. Per processarlo, “si fecero grandi investimenti per costruire un impianto vicino a Shinkolobwe. La BM concesse un prestito di 70 milioni di dollari al Belgio per migliorare l’infrastruttura congolese e facilitare l’esportazione dell’uranio”(Thomas Borstelmann, “Apartheid’s reluctant uncle: The United States and Southern Africa in the Early Cold War”, Oxford University Press 1993).
All’affare parteciparono gli USA, il Belgio, l’Unión Minière de Haut Katanga, multinazionali della chimica e dell’ingegneria: Bechtel (l’impresa francese che perse “la guerra dell’acqua a Cochabamba”, Bolivia, nel 2000), DuPont, Raytheon, Eastman Kodak, Union Carbide (quella del disastro di Bophal, India: “La nube formatasi in seguito al rilascio di isocianato di metile poco dopo la mezzanotte del 3 dicembre 1984, uccise in poco tempo 2.259 persone e avvelenò decine di migliaia di altre. Stime di agenzie governative indiane parlano di 15.000 morti e danni rilevabili a 558.125 persone, delle quali circa 3.900 permanentemente invalidate a livello grave” (Davide Lazzerini, “25 anni dopo il disastro Bhopal arrivano le prime sentenze”, “Focus” 18 luglio 2010), Pan American Airways, che trasportò illegalmente l’uranio, Caltex (California Texas Oil Company), che diede la copertura agli agenti segreti statunitensi dell’OSS (Ufficio di Servizio Strategico).
Come un virus, il debito venne trasmesso alla popolazione congolese.
È un debito ingiusto sotto qualsiasi angolatura, perché è servito esclusivamente agli interessi statunitensi e belgi, di una gigantesca azienda mineraria e di altre multinazionali che, diretta o indirettamente, hanno ottenuto profitti enormi dalla produzione della bomba atomica.
Ed è un debito illegale, ingiusto e immorale. Ad esempio, lo sfruttamento ed il trasporto dell’uranio radioattivo sono stati realizzati senza prendere alcuna misura di sicurezza:
“I lavoratori congolesi non sono stati informati sui rischi per la loro salute e sicurezza (…) e non hanno goduto di alcun diritto umano. Di questo processo portano l’intera responsabilità gli Stati Uniti, il Regno Unito ed il Belgio (…) Il trasporto dell’uranio all’interno del Paese, senza alcuna protezione, ha portato una mutazione genetica di cui siamo oggi testimoni. La contaminazione è stata così profonda che sono nati bambini senza arti, senza testa, senza gambe o senza bocca. Ci sono molti casi del genere a Lumbumbashi”
(Susan Williams, “Spies in the Congo. The Race for the Ore that Built the Atomic Bomb”, Hurst & Company, Londra 2018). Potrei aggiungere che ci sono anche molti simili in Iraq.
Pur se la storia raccontata dagli storici europei dice altro, probabilmente l’indipendenza dei Paesi africani e la decolonizzazione dell’Asia sono stati le maggiori trasformazioni del XX secolo. Ma dal punto di vista economico l’indipendenza africana è stato un fallimento.
La politica neocolonialista si è espressa in molti modi che riassumo in tre politiche principali sviluppate dalla BM e dal FMI.
1. Lo sfruttamento delle risorse minerarie come sola alternativa per i Paesi indebitati
Agli inizi degli Anni ’80,la crisi sistemica prese la forma di “Crisi del debito estero”. Molti Paesi si dichiararono incapaci di pagare i loro debiti dichiarandosi insolventi. La crisi è stata particolarmente violenta in Africa.
L’alternativa presentata dalla BM nel suo la “Strategia per il settore minerario in Africa”, aveva il pregio della semplicità: “Il ricupero del settore minerario africano richiede un cambiamento degli obiettivi dei governi. Il loro obiettivo primario deve essere massimizzare l’entrate tributarie a lunga scadenza, senza inseguire altri obiettivi economici o politici come il controllo delle risorse o il miglioramento dell’occupazione” (World Bank/International Bank for Reconstruction and Development, “Strategy for African Mining”, Washington DC 1993).
Quindi, niente industrializzazione e nessuna preoccupazione per l’occupazione.
En passant, per garantire che lo sfruttamento minerario fosse messo al servizio del pagamento del debito, la BM imponeva che le miniere dovessero essere sfruttate da società private chiudendo quelle statali.
Quindi, la poca sovranità raggiunta dalle lotte indipendentiste sfumava in termini reali, ovviamente in nome della decolonizzazione e della solidarietà internazionali.
2. Paesi poveri altamente indebitati
Nel 1996 il FMI annunciava il programma di “aiuto” ai Paesi altamente indebitati. La “Iniziativa per i Paesi Poveri Molto Indebitati (PPME) o “Iniziativa HIPC”, includeva 33 dei 52 Paesi africani (Angola, Benin, Burkina Faso, Burundi, Camerun, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Congo, Costa d’Avorio, Etiopia, Ghana, Guinea, Guinea-Bissau, Guinea Equatoriale, Kenya, Liberia, Madagascar, Malawi, Mali, Mauritania, Mozambico, Niger, Repubblica Centro-Africana, Ruanda, Santo Tome e Principe, Senegal, Serra Leone, Somalia, Sudan, Tanzania, Togo, Uganda e Zambia).
L’Iniziativa partiva da una idea di base corretta: ci sono Paesi che non possono pagare il loro debito. Ma, non chiedendosi il perché dell’indebitamento, proponeva come soluzione nuovi prestiti da destinare al pagamento degli interessi sul debito ed esigeva come contropartita il “controllo della spesa pubblica”, e cioè della spesa in sanità, educazione, casa, piccole imprese industriali e agricole, ecc.
Il risultato era quello previsto del club “Stirpe dei Cotarelli”: i Paesi definiti poveri s’impoverivano ulteriormente perché il prodotto del loro lavoro serviva solo per pagare gli interessi sul debito. E va da sé: i debiti restavano impagabili.
3. I cattivi governi e la corruzione
Dal2011 la nuova panacea degli organismi finanziari internazionali per spiegare la crescita del debito sono i cattivi governi e la corruzione.
Che la corruzione ed i cattivi governi esistano è certamente vero.
Ma i primi problemi sono il debito, gli interessi e il controllo del capitale finanziario sulla produzione mineraria.
Tristeza não tem fin
a) La fuga de capitali:
Dal 1970 al 2015 i 30 Paesi che rappresentano il 92% del PIL del continente hanno perso 1.400 miliardi di dollari per fuga di capitali.
Includendo gli interessi, il valore accumulato è di 1.800 miliardi di dollari.
Nel 2015 questi 30 Paesi avevano un debito di 496,9 miliardi di dollari (…)
I Paesi ricchi di petrolio occupano un luogo importante nella fuga di capitali: Nigeria 340 miliardi, Algeria 141 miliardi, Angola 61 miliardi, Camerun 43 miliardi.
I Paesi ricchi di petrolio rappresentano il 55% della fuga di capitali del periodo (…)
Per i 30 Paesi, la fuga di capitali rappresentava il 65,6% del PIL del 2015 quando oscillava tra il 9,9% dell’Egitto ed il 705,9% della Repubblica del Congo” (L. Ndikumana, James K. Boyce, “Capital Flight from Africa: Updated Methodology and New Estimates 2018”).
Poi ci sono le esportazioni sottofatturate e le importazioni sovrafatturate.
Con la sottofatturazione ciò che deve fatturarsi 100 si fattura 10 risparmiando il pagamento delle tasse per gli altri 90 e diminuendo di altrettanto il rimpatrio dei profitti.
Con la sovrafatturazione il meccanismo funziona alla inversa. Si può comprare una matita che vale 1 in 100, spedendo legalmente grandi quantità di denaro all’estero.
Per maggiori precisazioni si può chiedere alle compagnie petrolifere presenti in Africa.
b) Flussi finanziari illeciti:
aumentano con la crisi.
Tra il 2004 e il 2013, quelli africani sono passati da 465 ad oltre 1.000 miliardi di dollari.
Tra altre attività illegali, comprendono contrabbando e narcotraffico.
Il contrabbando spazia da quello degli animali ai prodotti forestali e minerali.
c) La porta girevole:
Tra il 1970 e il 2002, l’Africa subsahariana ha ricevuto 294 miliardi di dollari in prestiti. 268 miliardi sono stati usati per pagare i debiti.
Ovvero, in Africa sono rimasti solo 26 miliardi.
Alla fine del periodo, il debito era aumentato di 210 miliardi.
W Patrick Lumumba
Il 30 giugno 1960, durante la proclamazione dell’indipendenza del Congo, il re belga Balduino affermava:
“L’Indipendenza del Congo costituisce la conclusione dell’opera concepita dal genio del Re Leopoldo II, da lui intrapresa con coraggio e tenacia e continuata con perseveranza dal Belgio. Quando Leopoldo II ha iniziato questa grande opera che oggi arriva alla sua incoronazione, non si è presentato davanti a voi in veste di conquistatore ma come civilizzatore”.
Il presidente Kasavubu rispondeva che i congolesi sarebbero stati degni di questa eredità. Pronunciati i due discorsi ufficiali, Lumumba leggeva un suo discorso non programmato.
Affermava tra l’altro:
“Abbiamo conosciuto il saccheggio delle nostre terre in nome di testi teoricamente legali la cui finalità era stabilire il diritto del più forte.
Abbiamo conosciuto che la legge era diversa quando si trattava di un nero o di un bianco, aggiustabile per i primi, crudele e inumana per gli altri.
Abbiamo conosciuto le sofferenze atroci dei deportati per le loro opinioni politiche o per la loro fede religiosa: esiliati nella loro stessa patria la loro sorte era peggio della morte.
Abbiamo conosciuto le ville magnifiche per i bianchi e le catapecchie rovinate per i neri, che un nero non fosse ammesso nei cinema, nei ristoranti, nei commerci “europei”; che un nero viaggiasse sempre nelle barche ai piedi del bianco nella sua cabina di lusso.
Chi dimenticherà le discariche dove sono morti tanti nostri fratelli o le celle dove sono stati brutalmente lanciati quelli che non accettavano di sottomettersi al regime di ingiustizia, oppressione e sfruttamento che i colonialisti hanno usato come strumento di dominazione?…
Da oggi in avanti tutto questo è finito”.
Il 30 giugno 1960, circa 20 congolesi avevano una laurea, di cui 14 in teologia.
Il primo luglio ricominciava la fuga di capitali e s’inaspriva il boicottaggio belga ed europeo decisi a conservare il controllo dell’economia e della politica internazionale della neonata nazione congolese.
Il 6 luglio si ammutinava la Forza Pubblica (sola forza armata esistente nel Paese) dopo che un ufficiale belga aveva scritto sulla lavagna della caserma: “Indipendenza: prima = dopo”. I soldati indignati saccheggiavano e uccidevano, completamente fuori da ogni controllo.
L’11 luglio, la ricca provincia del Katanga proclamava la secessione spinta e sedotta dall’impresa belga Union Minière de Haut Katanga. La seguiva a rotta la regione del Kasai.
Lumumba rompeva con il Belgio e sollecitava l’invio di truppe dell’ONU.
A settembre, era destituito dal presidente Kasavubu che l’accusava di essere favorevole alla Unione Sovietica. Dopo un tentativo di fuga, era arrestato dal colonnello Mobutu, il più grande ladro africano, che avrebbe governato per 32 anni (Helmut Strizek, “Kongo/Zaire – Ruanda – Burundi: Stabilität durch ernente Militärherrschaft? Studie zur neuen Ordnung in Zentralafrika”, 2016).
Il 17 gennaio 1961, Lumumba era inviato nel Katanga, dove veniva torturato selvaggiamente prima di essere assassinato insieme ai suoi compagni Maurice M’Polo e Robert Okito.
Per nascondere ogni traccia dei crimini, un impiegato belga della Union Minière de Haut Katanga scioglieva i loro corpi nell’acido.
Quaranta anni dopo, nel 1999, il governo allora liberal-socialista-ecologista del Belgio costituiva una Commissione Parlamentare per “determinare le circostanze esatte dell’assassinio di Patrice Lumumba e l’eventuale coinvolgimento di responsabili belgi”.
Nel 2002 la Commissione stabiliva:
“Si può affermare che il governo belga non ha avuto alcun rispetto per la sovranità del Congo (…) La secessione del Katanga non sarebbe stata possibile senza l’intervento della Union Minière de Haut Katanga che creò gruppi militari e paramilitari per difendere i suoi interessi nella lotta armata contro i partigiani armati di Lumumba (…) Per finanziare la politica contro il Governo di Lumumba, il Governo belga è ricorso a fondi segreti, alcuni approvati dal parlamento, altri no (…) Nessun documento o testimonianza nota dalla Commissione, permette di affermare che il governo belga o alcuni tra i suoi membri abbia ordinato eliminare fisicamente Lumumba ma certi membri del governo belga ed altri attori belgi hanno una responsabilità morale nelle circostanze che portarono alla morte di Lumumba.”
Poco o tanto?
Probabilmente per una monarchia era tanto.
Sicuramente per ristabilire la verità, era pochissimo.
Comunque, era assai meno di quanto ha dichiarato l’attuale re belga – giugno 2020 – che ha persino riconosciuto alcuni eccessi del nonno Leopoldo.
Certo: un non re difficilmente potrebbe definire 10-20 milioni di morti durante la sua gestione personale e la creazione di una situazione di guerra e sfruttamento al limite dell’incredibile che perdura fino ad ora, “alcuni eccessi del nonno”.
Enzo Jannacci cantava:
“E sempre allegri bisogna stare, che il nostro piangere fa male al re. Fa male al ricco e ai cardinali, diventan tristi se noi piangiam”.