Prime impressioni sulle elezioni statunitensi di metà mandato e un saluto agli eroi della carovana della miseria
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RaiNews, e la sua peculiare popolazione di ex addetti della sinistra, ha commentato con soddisfazione stamane (7 de novembre), che nell’elezioni statunitensi non c’è stata alcuna ondata anti Trump ed i democratici si erano limitati a riprendersi la Camera mentre (il loro) Donald aveva mantenuto la maggioranza al Senato. Per completare l’opera di minimizzazione hanno aggiunto: vittorie parziali dell’opposizione sono del tutto normali negli USA in questo tipo di elezioni.
Avevano preparato il clima da giorni vendendole come una sorta di plebiscito su Trump. Quindi, concludono, il plebiscito è fallito. Pur con qualche crepa, l’elettorato degli USA ha approvato la gestione del presidente.
Cerchiamo di mettere un po’ d’ordine.
1) È vero che, tradizionalmente, le elezioni parlamentari di metà mandato esprimono un certo livello di dissenso verso la presidenza e il partito all’opposizione recupera qualcosa sulle elezioni precedenti. Tuttavia, perché la elezione dei senatori è solo parziale, è assolutamente tradizionale (e logico) che i cambiamenti non siano massicci.
Ergo, rientra nell’assoluta normalità che i democratici abbiano recuperato la Camera ed i repubblicani mantenuto il controllo del Senato, pur perdendo voti. Sarebbe stato un terremoto se i democratici avessero recuperato il Senato, ma solo ai propagandisti (e agli ignoranti) è passata per la testa quella possibilità.
2) I settori anti Trump si sono mobilitati soprattutto sui temi sociali, sui diritti civili e sulla logica stessa del tessuto connettivo della società, dai movimenti delle donne (femministe e non) al risorgere aperto del razzismo contro i neri ma, più ancora, contro gli immigranti poveri, non europei e, infine, contro la tendenza mondiale all’affermarsi della violenza religiosa che ci sta riportando velocemente al Medioevo.
Pochi giorni fa, i militari nigeriani hanno massacrato dei manifestanti che avevano lanciato pietre. Pochi giorni prima, Trump aveva definito come totalmente legittimo che i militari statunitensi usino armi da fuoco se qualche partecipante alla carovana di rifugiati honduregni lanciasse delle pietre. Basta dare un’occhiata a ciò che avviene quotidianamente a Gaza per sapere che non c’è alcuna novità in questo ma, come in temi razziali e sessuali, che lo affermi il presidente degli USA è una forma di legittimazione della barbarie.
3) Dal punto di vista della narrazione, i repubblicani avevano a favore un’economia che, riguardo i numeri macro (PIL, disoccupazione ecc.), vive il migliore momento degli ultimi cinquant’anni. Ad esempio, il 2 novembre (4 giorni prima delle votazioni), si è reso noto che erano stati creati 250.000 nuovi posti di lavoro. E nei 2 quadrimestri precedenti, il PIL è cresciuto del 4,2 e del 3,2%, appena sotto i due quadrimestri dell’era Obama nel 2014.
Dal punto di vista della meccanica economica, è del tutto logico: ogni grafico mostra la perfetta continuità delle tendenze precedenti (anche in Italia).
Bisogna aggiungere il taglio delle tasse approvato nel 2017, che ha beneficiato ampiamente la minoranza più ricca della popolazione e solo come effetto collaterale i lavoratori, ha confermato queste tendenze.
4) I tagli di tasse alle grandi aziende, così come la deregulation bancaria, l’aumento della spesa militare ed i tentativi di privatizzare i pochi elementi economici rimasti in mano allo Stato, danno sempre ossigeno ai numeri macroeconomici per un breve periodo.
Tuttavia, come indica la storia di George Bush e di molti altri (Carlos Menem ad esempio), dopo la festa arriva inevitabilmente il funerale. L’Argentina di Macri – meno 16% di PIL nel settembre 2018 – è già immersa nel suo lungo funerale, ma gli USA si godono ancora la festa.
È vero che l’Argentina non può stampare dollari né spedire navi da guerra per intimidire i concorrenti, ma la situazione economica statunitense può definirsi migliorata solo da chi si limita a leggere gli indicatori macroeconomici senza prestare alcuna attenzione alla crescente disperazione della maggioranza della popolazione (basterebbe guardare a problemi come l’educazione, la casa, la salute e le disuguaglianze sociali).
Ma, anche in questo caso, non c’è alcuna novità sul fronte occidentale e la diffusa mancanza di memoria continua a regnare.
5) Conclusione: l’elezioni di metà mandato hanno comportato un lieve e timido giro degli USA verso i suoi ultimi. Ciò non basta per darci indicazioni sufficienti che ci permettano di concludere qualcosa sulla vera domanda: il 2020 sarà un anno di rotture o solo un capitolo di un lungo processo? Mi sento solo di dire che, tra 2 anni, gli USA saranno senz’altro alla sinistra del Brasile. Il problema è di quanto.
6) La migliore notizia è che oltre 100 donne sono state elette, tra cui molte giovani. Particolarmente significativo che tra queste ci siano una ispanica e due islamiche. Da queste parti, probabilmente non avrebbero diritto a voto. Dal punto di vista dell’ideologia capitalistica patriarcale, un’ottima ragione per impedire lo ius solis.
7) Nel frattempo, la carovana degli honduregni continua a marciare verso gli USA.
Spinti dalla fame e dalla perdita di ogni speranza di cambiamento confermano che chi semina colpi di Stato e povertà, raccoglie immigranti (o li ammazza strada facendo).
8) Nel 2009, con José Manuel Zelaya l’Honduras ha ottenuto i migliori risultati economici dei suoi ultimi 40 anni di storia: aumento del PIL al 6%, inflazione e svalutazione sotto controllo, sussidi al trasporto pubblico, bassi interessi bancari, nazionalizzazione delle aziende energetiche e di telecomunicazioni, priorità all’educazione pubblica (matricola gratuita, mense scolari gratuite, rispetto dei diritti e dei salari dei docenti, trasformazione della polizia in una polizia comunitaria, legge di partecipazione cittadina, incorporazione attiva a Petrocaribe e all’ALBA, usufruendo di progetti come la Casa solidale, i Trattori per i contadini ecc.
Quando, però, il governo decise di ridiscutere le servitù militari con gli USA, trasformando la base militare di Palmerola in un aeroporto civile, arrivò il golpe di Stato, il primo cosiddetto “golpe suave”
9) Per rispondere alla resistenza civile quotidiana della popolazione honduregna, gli USA (di Obama) inventarono un paio di anni dopo una frode elettorale. Nel frattempo, la fame aveva raggiunto il 68% della popolazione, si erano approfonditi la disoccupazione e la sottoccupazione e, va da sé, si erano rinnovate le servitù militari.
Le elezioni furono vinte dal candidato dell’opposizione Salvador Nasralla. Solo che, mancando meno del 5% dei voti da scrutinare, saltò la luce. Una volta ripristinata, il Tribunale Elettorale ordinò di ricontrollare tutti i voti. E perché i miracoli esistono, con il nuovo conteggio vinse il governo.
La frode è stata riconosciuta da quasi tutta la comunità internazionale, ma il buon Obama e la UE medioevale sancirono il miracolo. Così è stato stabilito che nell’Honduras la popolazione può sì votare, ma non decidere chi la governa.
Si tratta, in fondo, del corollario di altre nazioni più evolute, dove la gente può eleggere chi la governa, ma non le politiche che verranno applicate.
10) Avendo perso tutto e con la certezza che non ci saranno cambiamenti, quindi avendo perso ogni speranza, le honduregne e gli honduregni della carovana della miseria marciano. Intervistati dai media messicani, dicono di considerare la fuga dall’’Honduras un dovere di sopravvivenza verso i loro figli.
La lezione dovrebbe essere ascoltata: chi semina pedate sulla dignità e sulla sopravvivenza dei poveri, prima o poi e raccoglierà immigranti.